A Padova il Garante dei detenuti coincide con il difensore civico

Nei giorni scorsi il Consiglio provinciale di Padova all’unanimità ha istituito la figura del garante dei detenuti.
La seconda Commissione provinciale, anche allo scopo di evitare la duplicazione dì attività e di moltiplicare le spese di gestione, ha deciso di attribuire al neo eletto difensore civico Gianfranco
Parolin questa nuova funzione. Quella padovana è la sesta provincia italiana che ha istituito una figura di garanzia dei diritti delle persone lìmìtate nella libertà. Le altre cinque sono: Ferrara, Lodi, Enna, Milano,
Roma. A Roma le funzioni sono delegate al garante regionale del Lazio. Di recente a questo incarico è stato nominato per un secondo mandato l’ex assessore regionale di area Pd Angiolo Marroni. La nomina è stata contestata da alcune associazioni perché effettuata dal presidente uscente del Consiglio laziale Bruno Astorre nonostante la legge istitutiva del garante prevedeva che la nomina spettasse al Consiglio
nella sua collegialità. Inoltre la nomina è intervenuta quando si era a poche settimane dal voto e il Consiglio era stato già formalmente sciolto. Altre otto regioni hanno istituito il garante dei detenuti. In quattro è stato anche nominato (Campania, Sicilia, Lombardia, Marche: nelle ultime due le funzioni sono state attribuite al difensore civico regionale), in quattro è stata approvata la legge ma non c’è stata la nomina conseguente (Emilia Romagna, Puglia, Toscana, Umbria). Infine i comuni che hanno promosso e istituito organismi di tutela dei diritti delle persone private della libertà sono: Bergamo, Bologna, Brescia, Ferrara, Firenze, Nuoro, Pisa, Pescara, Reggio Calabria, Roma, Rovigo, San Severo (Fg), Sulmona (Aq), Sassari, Torino, Verona. Il Comune di Roma si è affidato anch’esso alle competenze del garante regionale. Un quadro molto articolato. Alcuni garanti provengono dal mondo politico, altri sono invece figure significative dell’associazionismo locale. Si tratta di organismi a cui è stata concessa la possibilità di entrare nelle carceri a seguito di un discusso provvedimento del 2009 - inserito nel decreto milleproproghe di quell’anno - che gli riconosceva un vago potere di visita. I garanti non hanno altri poteri che possono esercitare nei confronti dell’amministrazione della giustizia, della difesa o degli interni. Avrebbero invece ben più penetranti competenze ispettive nei confronti delle amministrazioni che li hanno nominati, come è giusto che sia alla luce della storia specifica dei difensori civici i quali devono mediare, premere, intervenire sulle amministrazioni nelle quali sono incardinati.
Si pensi al tema della sanità penitenziaria. Un tempo era di competenza del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, oggi è di competenza del servizio sanitario regionale. Un caso paradigmatico utile a comprendere i poteri reali o le armi spuntate del garante regionale è quello di Stefano Cucchi.
Il garante regionale nulla di concreto poteva chiedere e fare sulle violenze subite da Cucchi, molto invece era nelle sue mani (ispezioni, richiesta di sanzioni ai medici) a proposito delle mancate cure all’ospedale Pertinì di Roma. Ugualmente sui temi dell’orientamento al lavoro e della formazione professionale i difensori civici territoriali potrebbero indagare sui comportamenti e i provvedimenti dei loro enti: criteri di selezione, esclusioni, mancato pagamento di gettoni di presenza. In alcuni casi i garanti locali hanno operato da assessori con delega al tema carcerarlo in altri da generici organismi di denuncia. Una prassi invalsa e non proprio corretta è quella di assegnare ai garanti fondi da elargire ad associazioni o quella di prevedere la loro presenza nelle commissioni aggiudicatrici di bandi pubblici. In ambo i casi viene vanificato il compito di controllo del garante che diventa soggetto di spesa.
Sono sette le proposte di legge pendenti tra Camera e Senato dirette alla istituzione della figura del garante su scala nazionale. Due sono dei radicali, due del Pd, tre del Pdl. Se mai fosse istituito si supererebbe l’attuale situazione frastagliata.
La seconda Commissione provinciale, anche allo scopo di evitare la duplicazione dì attività e di moltiplicare le spese di gestione, ha deciso di attribuire al neo eletto difensore civico Gianfranco
Parolin questa nuova funzione. Quella padovana è la sesta provincia italiana che ha istituito una figura di garanzia dei diritti delle persone lìmìtate nella libertà. Le altre cinque sono: Ferrara, Lodi, Enna, Milano,
Roma. A Roma le funzioni sono delegate al garante regionale del Lazio. Di recente a questo incarico è stato nominato per un secondo mandato l’ex assessore regionale di area Pd Angiolo Marroni. La nomina è stata contestata da alcune associazioni perché effettuata dal presidente uscente del Consiglio laziale Bruno Astorre nonostante la legge istitutiva del garante prevedeva che la nomina spettasse al Consiglio
nella sua collegialità. Inoltre la nomina è intervenuta quando si era a poche settimane dal voto e il Consiglio era stato già formalmente sciolto. Altre otto regioni hanno istituito il garante dei detenuti. In quattro è stato anche nominato (Campania, Sicilia, Lombardia, Marche: nelle ultime due le funzioni sono state attribuite al difensore civico regionale), in quattro è stata approvata la legge ma non c’è stata la nomina conseguente (Emilia Romagna, Puglia, Toscana, Umbria). Infine i comuni che hanno promosso e istituito organismi di tutela dei diritti delle persone private della libertà sono: Bergamo, Bologna, Brescia, Ferrara, Firenze, Nuoro, Pisa, Pescara, Reggio Calabria, Roma, Rovigo, San Severo (Fg), Sulmona (Aq), Sassari, Torino, Verona. Il Comune di Roma si è affidato anch’esso alle competenze del garante regionale. Un quadro molto articolato. Alcuni garanti provengono dal mondo politico, altri sono invece figure significative dell’associazionismo locale. Si tratta di organismi a cui è stata concessa la possibilità di entrare nelle carceri a seguito di un discusso provvedimento del 2009 - inserito nel decreto milleproproghe di quell’anno - che gli riconosceva un vago potere di visita. I garanti non hanno altri poteri che possono esercitare nei confronti dell’amministrazione della giustizia, della difesa o degli interni. Avrebbero invece ben più penetranti competenze ispettive nei confronti delle amministrazioni che li hanno nominati, come è giusto che sia alla luce della storia specifica dei difensori civici i quali devono mediare, premere, intervenire sulle amministrazioni nelle quali sono incardinati.
Si pensi al tema della sanità penitenziaria. Un tempo era di competenza del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, oggi è di competenza del servizio sanitario regionale. Un caso paradigmatico utile a comprendere i poteri reali o le armi spuntate del garante regionale è quello di Stefano Cucchi.
Il garante regionale nulla di concreto poteva chiedere e fare sulle violenze subite da Cucchi, molto invece era nelle sue mani (ispezioni, richiesta di sanzioni ai medici) a proposito delle mancate cure all’ospedale Pertinì di Roma. Ugualmente sui temi dell’orientamento al lavoro e della formazione professionale i difensori civici territoriali potrebbero indagare sui comportamenti e i provvedimenti dei loro enti: criteri di selezione, esclusioni, mancato pagamento di gettoni di presenza. In alcuni casi i garanti locali hanno operato da assessori con delega al tema carcerarlo in altri da generici organismi di denuncia. Una prassi invalsa e non proprio corretta è quella di assegnare ai garanti fondi da elargire ad associazioni o quella di prevedere la loro presenza nelle commissioni aggiudicatrici di bandi pubblici. In ambo i casi viene vanificato il compito di controllo del garante che diventa soggetto di spesa.
Sono sette le proposte di legge pendenti tra Camera e Senato dirette alla istituzione della figura del garante su scala nazionale. Due sono dei radicali, due del Pd, tre del Pdl. Se mai fosse istituito si supererebbe l’attuale situazione frastagliata.
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