P3, Formigoni sentito tre ore dai pm

Dalla Rassegna stampa

Due ore e mezzo di interrogatorio per Formigoni. Una semplice "testimonianza", per dirla con le parole del governatore. All'uscita dall'audizione come persona informata sui fatti per l'inchiesta della P3, il presidente della Lombardia ha voluto precisare: «Sono entrato come testimone ed esco come testimone». Lui sembra esserne certo, anche se il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e il sostituto Rodolfo Sabelli, titolari del fascicolo, stanno valutando la sua posizione. Quella di Roberto Formigoni è una posizione delicata che la Procura intende vagliare con attenzione. Agli inquirenti, che in mattinata avevano sentito sulle stesse questioni anche due suoi stretti collaboratori, Paolo Alli, sottosegretario all'Attuazione del Programma e dell'Expo 2015, e Mauro Villa, il "Willy" delle intercettazioni, il governatore ha dovuto dare la sua versione sui capitoli di indagine che lo coinvolgono personalmente. Ovvero sulle presunte pressioni della loggia per far riammettere la sua lista alle elezioni regionali del 2010 e sulle pressioni per far predisporre un'ispezione al tribunale che lo aveva "bocciato". A Formigoni, così come ai suoi dipendenti, i pm hanno chiesto chiarimenti sull'interessamento della "loggia" alloro ricorso e sulle pressioni per far riammettere la lista "Per la Lombardia". A questo proposito l'informativa dei carabinieri del nucleo investigativo di Roma che seguono le indagini è chiara: su richiesta del governatore, Carboni, Martino e Lombardi chiesero al presidente della Corte d'Appello di Milano, Alfonso Marra in arte "Fofò", di intervenire. E mentre il governatore rispondeva alle domande dei magistrati, trenta parlamentari, 21 del Pd e 9 dei Radicali, presentavano un'interrogazione alla Camera e al Senato per chiedere conto al governo del suo comportamento. La vicenda è sempre la stessa: l'esclusione della sua lista dalla corsa elettorale e le pressioni che sarebbero state esercitate per accogliere il ricorso. In particolare nel documento vengono citate le conversazioni telefoniche tra il presidente e gli esponenti della P3, le minacce del ministro La Russa di recarsi personalmente alla Corte d'Appello di Milano e le accuse dello stesso Formigoni verso i Radicali e i giudici che avevano ordito manovre alle sue spalle. Poi, ancora, vengono ricostruiti i passaggi che portarono alla richiesta di archiviazione da parte della Procura di Milano, all'approvazione del decreto "salvaliste" e alla riammissione di Formigoni da parte del Tar. È grave, secondo i parlamentari, che «organi di vertice di pubbliche istituzioni, si affidino a manovre e contatti informali di vario genere per vincere una causa». E che «facciano pressioni per ottenere ispezioni contro magistrati che abbiano emesso giudizi a loro non favorevoli». Sotto accusa anche i "consigli" di Arcibaldo Miller sulla presentazione del ricorso. Il capo degli ispettori del ministero non è solo: i deputati chiedono chiarimenti sulla posizione di Angelo Gargani, di Giacomo Caliendo e del ministro della Difesa.

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