Le oscillazioni della Lega rendono più difficile l'intesa nel centrodestra

Maggioranza compatta, altrimenti «non sarebbe maggioranza». Le parole di Silvio Berlusconi sono pronunciate per esorcizzare qualunque ombra di dissidio nel centrodestra. Planano su una situazione se non di scontro, certamente di nervosismo e di confusione. Il vertice con Umberto Bossi e Gianfranco Fini che doveva definire le candidature per le regionali è slittato di una settimana. Il motivo ufficiale è che il premier non aveva tempo: doveva visitare le zone terremotate dell’Abruzzo. Un altro suggerisce l’opportunità di consultare prima i gruppi parlamentari, e di sondare l’Udc di Pier Ferdinando Casini. Il terzo è che non esiste ancora accordo: e non soltanto sui «governatori».
La trattativa in vista del voto regionale di primavera appare sempre più intrecciata con altre intese, delicate e strategiche per Berlusconi. E la principale riguarda le riforme della giustizia, sulle quali alla determinazione del presidente del Consiglio per ora non corrisponde uguale entusiasmo da parte degli alleati. La Lega insiste che «il punto cardine sia l`indipendenza dei magistrati da ogni condizionamento interno ed esterno». È un’incertezza che finisce per esagerare difficoltà che invece dovranno essere superate. Fra l’altro, rischia di incrociare i malumori striscianti nei confronti di Giulio Tremonti: anche se stavolta a dividersi non è il Pdl ma la Lega.
Ieri il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, si è detto pronto a votare con il centrosinistra, se l’opposizione chiederà più soldi per la sicurezza. La mossa è stata letta come un avvertimento al collega dell’Economia, al quale si rimprovera il ruolo di guardiano della spesa pubblica. Ma l’attacco è stato accolto con irritazione: tanto più nelle ore in cui Bossi sta cercando di ottenere il massimo da Berlusconi per i candidati leghisti. E infatti, in tempo reale è arrivata la precisazione del capo del Carroccio: «Maroni farà quello che dice la Lega».
Si tratta di un riallineamento sulle posizioni di palazzo Chigi; e del tentativo di arginare i contraccolpi di un contrasto nella maggioranza. È indicativa la prontezza con la quale alcuni settori del Pdl, vicini a Fini, si sono affrettati a dare ragione a Maroni: un modo per rimarcare di nuovo che la partita polemica con il ministro dell’Economia è sospesa ma non chiusa. Ed in questa scia si è inserita comprensibilmente l’opposizione. Dicendo con il presidente dei senatori del Pd, Anna Finocchiaro, che «i conti di Maroni sono esatti. Dal 2008 al 2009 il governo ha tagliato al Viminale più di 900 milioni di euro».
L’equivoco fra Bossi ed il ministro dell’Interno è rientrato dopo un colloquio fra i due. Ma l’episodio ha mostrato uno scarto inedito ai vertici della Lega; ed acuito la sensazione che l’intesa per le regionali sia in dirittura d’arrivo, con qualche possibile sorpresa. Ieri sera Berlusconi ha riunito i vertici del Pdl; e la giustizia rimane in primo piano. In Lombardia sembra scontata da tempo la conferma di Roberto Formigoni. Eppure non è ancora chiaro come influiranno le voci di altre inchieste giudiziarie in incubazione a Milano. La vittoria nel voto del 2010 è solo uno degli obiettivi che il premier si prefigge; e forse quello su cui sarà meno difficile accordarsi.
© 2009 Radicali italiani. Tutti i diritti riservati
SU
- Login to post comments