Orgasmo universale

Dalla Rassegna stampa

Lo ricordate? Ancora non molto tempo fa un qualsiasi ratzingeriano auspicava l’avvento, nello spazio pubblico, di una “sana laicità”. Oggi, dalla opposta sponda, si invoca - a squarciagola - una “sana sessualità”. “Gioie del sesso” va bene, concede un filosofo alla Marat direttore di una superciliosa rivista, epperò rispolverando - all’italiana - il precetto della Chiesa: “nisi caste, tamen caute”.
 
Non ho intenzione di difendere il leader cui piacciono i letti a tre piazze, ma alla fine mi sono sempre trovato dalla parte del reichiano Orgasmo Universale, se non altro per solidarietà con il suo inventore, lo psichiatra Wilhelm Reich, morto nel 1957 di infarto mentre era in prigione, negli Stati Uniti, condannato a due anni per oltraggio al tribunale che egli accusava di non essere competente a giudicare se le sue teorie fossero scientificamente fondate. Leggevo, allora, i libri con i quali Luigi De Marchi introduceva in Italia, da pioniere, il dibattito pubblico sul sesso e la sessualità. Da poco era stata canonizzata, da Pio XII, santa Maria Goretti, e le elezioni del 1948 erano state vinte dalla democrazia cristiana in nome dei valori religiosi e tradizionali(sti) alla Don Camillo (Peppone permettendo). Di sesso si disputava allora quasi come se ne chiacchiera oggi. Qualche parte si è rovesciata, ma sempre di sesso si parla. E sempre il sesso viene demonizzato.
 
Quante storie, quanta Storia, in suo nome, fin dalle vicende che coinvolsero, lei silenziosa anche se magari non consenziente, Eva, non si sa bene se condannata per aver tentato Adamo o per avergli schiuso le porte della conoscenza del bene e del male (ma forse le due faccende si intrecciano o coincidono). Tutto nasce dalla bizzarra trovata della natura (del dio creatore?) per cui la riproduzione della specie - sia animale che umana - è affidata al piacere della copulazione; non c’è un movente etico - la promozione della famiglia, ecc. - che valga quanto quel piacere. E senza bisogno di scomodare Freud, il sesso e il suo richiamo da sempre ti piombano addosso, da adolescente, come un mistero oscuro ma ineluttabile, sùbito disordinante e sconvolgente. E’ sicuramente la più forte impressione della giovane età, dell’uomo in formazione: non sai perché e come, ma forse è la prima volta che ti trovi a confrontarti con te stesso, che scopri l’io, corpo e anima, come tuo destino. E non ti abbandona più. Da vecchio, Picasso incise una serie di splendide tavole grondanti eros, forse l’eros perduto: “Squassa, Eros, l’animo mio, come il vento sui monti che investe le querce”, cantava Saffo nel settimo o sesto secolo a. C. Altre ed altri, anche prima di lei, hanno cantato così. E come non pensare al sublime tema di amore e morte?
 
E che dire della scultura erotica indiana o delle stampe giapponesi? O del celebre quadro di Courbet il cui soggetto è il sesso femminile anatomicamente studiato da presso? Insomma: libidine o castità? Simposio o agape? Pasifae, oppure la casta Susanna o Santa Caterina vergine e martire? Satyricon o Vangeli? Vergini vestali o prostituzione sacra? Cantico dei cantici (“i tuoi seni sono come due cerbiatti//gemelli di una gazzella”), Boccaccio, o il curioso elogio della castità del nietzschiano Zarathustra? Erodiade, Salomè, o Santa Agnese e Santa Teresa (però quella del Bernini è in evidente orgasmo, allusivamente trafitta da una freccia d’oro)? Va bene, abbiamo capito, oggi siamo di fronte a una specifica fattispecie: il rapporto tra sesso e potere. Mussolini scrisse “L’amante del cardinale”, ed era ovvio perché lui era un anticlericale, ma il cattolicissimo Manzoni ci fa un intero romanzo, sulla foja del potente verso la verginella, una specie di relitto o richiamo allo jus primae noctis di tempi lontani. Leda si concedette al cigno, Europa al toro in cui si travestiva Giove (Berlusconi non credo si travesta). La Contessa di Castiglione favorì l’unità d’Italia andando a letto con Napoleone III e poi inviando pizzini, come una Mata Hari, al Cavour.
 
Un po’ Berlusconi lo capisco. Però anni fa arrivò il Movimento di Liberazione della Donna con le militanti (anche un po’ baccanti) che gridavano “l’utero è mio e me lo gestisco io” (per incidens: non può dirlo anche Ruby?), sollevando le due mani con l’indice e il pollice uniti a mimare la vagina. Il Cav. dovrebbe ricordarsi di quelle donne lì, e non offrire spunti persino all’artista romeno Dan Pariosky, che copre le pareti del MACRO, a Roma, con ironiche vignette (da vedere) sulle sue notti brave. Che diamine. Ma quanto a bacchettoni - se non proprio moralisti - non c’è bisogno di evocare il partito d’azione, bastano il PCI togliattiano e la DC (di Scalfaro o meno non saprei). Anche Mussolini, Hitler e Stalin volevano la donna sana fattrice e lavoratrice, in fabbrica o nei campi.
 
Si grida: “Se non ora, quando?”, ma perché affrettarsi? Balthasar Graciàn scrisse, più o meno, che alcuni uomini non arrivano mai ad essere completi, qualcosa gli manca sempre. E il laico lo sa: anche la politica - quella italiana, poi! - è tutto meno che completa. Qualcosa le mancherà sempre, comunque vadano le cose.
 

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