Ora si allontana l'ipotesi di rinviare il voto

Il doppio no, prima del Tar e poi dell'ufficio elettorale del Lazio, all'accettazione della lista del Pdl in provincia di Roma fa presumibilmente calare il sipario sull'ipotesi, più volte affacciata ìn queste ultime ore, di un possibile rinvio del voto regionale, sia a livello nazionale che nel solo Lazio. A chiedere uno slittamento di trenta giorni in tutte le regioni rimangono solo Pannella e Bonino ma Pd e Idv sono nettamente contrari e anche il Pdl ha fatto sapere che, fermo restando il ricorso al Consiglio di Stato per Roma, nel resto d'Italia si deve votare eccone.
Dunque uno stop netto, politico, del Pd alle richieste dei radicali, alleati nel Lazio a sostegno della candidatura di Emma Bonino. La risposta di Pier Luigi Bersani ad un rinvio del voto resta la stessa: un no secco. Il Pd non vuole perdere l'occasione del calo di consensi del centrodestra, rilevato dai sondaggi, e nemmeno dare l'impressione di accordarsi con Berlusconi dopo il caos delle liste. «Noi abbiamo ottime ragioni, il pasticcio è tutto nel loro campo, andiamo a
votare e vinciamo», è '`invito rivolto ai Radicali dal leader Pd.
Nuova giornata vissuta sulle montagne russe per la politica e per il Pd che in Parlamento inaugura l'ostruzionismo, ottenendo alla Camera di battere la maggioranza mentre al Senato la maggioranza interrompe la battaglia decidendo il voto di fiducia sul legittimo impedimento.
L'idea è chiara sin dalla prima mattinata, quando il Pd riunisce i gruppi parlamentari: il rinvio è inaccettabile perchè, spiega Bersani ai deputati, «un conto è quando manca il candidato alla presidenza e allora si pone un problema di rappresentanza, altro è quando non c'è una lista... Per votare Polverini basta votare il listino». Quindi «non si può sommare pasticcio a pasticcio, c'è una scadenza elettorale e operazioni di validazione in corso».
Una posizione che trova d'accordo la maggior parte del partito anche se c'è un'area, minoritaria e molto vicina al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che, come l'eurodeputato Gianni Pittella, auspica che «maggioranza ed opposizione trovino un accordo per un sereno svolgimento del voto». Perchè, sostiene Bersani, «i pasticci si risolvono con i vari passaggi al Tar ma poi si vota».
All'assemblea dei radicali il leader Pd parla chiaro: «Non sottovaluto i problemi giuridici, ma lasciamo stare i cavilli e andiamo al sodo. Andiamo a votare e a vincere. Berlusconi è finito». Alcuni applaudono, altri rumoreggiano: «Ma le regole? E se loro fanno ricorso dopo il voto?». Bersani la fa spiccia: «Noi abbiamo il popolo, non ci indeboliamo da soli». Pannella non condivide il no ma conferma il feeling con il segretario Pd «con il quale, a differenza di altri segretari, il dialogo è sempre aperto». E sembra intesa ritrovata anche con Antonio Di Pietro dopo le tensioni per gli attacchi dell'ex pm a Napolitano per la firma del decreto. Il tempo di un caffè alla buvette serve ai due per confermare la piattaforma di «democrazia e lavoro» della manifestazione di sabato. Bersani sembra dar fiducia agli impegni di Di Pietro di andare in piazza «contro il governo e non contro il capo dello Stato». Al punto che il leader Idv è intenzionato a intervenire dal palco, anche se gli organizzatori preferirebbero dar voce a costituzionalisti e personalità e non ai leader politici. «lo certamente interverrò - assicura Di Pietro - non so gli altri leader. La manifestazione serve a informare gli italiani dei rischi di una deriva democratica e al contempo serve per parlare dei problemi degli italiani, a partire dal lavoro».
In realtà anche il Pdl sembra deciso a rinunciare ad ogni ipotesi di rinvio. Berlusconi chiama all'appello i militanti con un manifestazione da tenersi forse il 20 aprile. Insomma il rinvio è un'ipotesi che semplicemente non esiste e non se nè neanche discusso nel vertice che si è svolto a Palazzo Grazioli tra il premier, i coordinatori nazionali del Pdl, la candidata del Lazio Renata Polverini e i dirigenti locali.
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