Ora di Islam a scuola, il no di Maroni. Da Veltroni piano bipartisan per il voto

Dalla Rassegna stampa

«Se la proposta servisse a migliorare l’integrazione saremmo tutti d’accordo ma questo è certamente il modo più sbagliato per farlo». È il ministro dell’Interno Roberto Maroni a confermare la «contrarietà della Lega» all’ora di religione islamica a scuola, la proposta avanzata durante il seminario delle fondazioni di Gianfranco Fini e Massimo D’Alema. «Mentre l’ora di religione cattolica — dice Maroni — rappresenta un’entità, la Chiesa, che ha una gerarchia e dei valori precisi che si possono trasmettere, quello dell’imam è un mondo diverso: l’imam interpreta il Corano liberamente, non c’è un messaggio chiaro da trasmettere». Il suo collega di governo e di partito, Roberto Calderoli, fa un passo in più: «Fosse per me renderei obbligatoria l’ora di religione cattolica». Parla di «idea bizzarra» il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, che si unisce al no del sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Caso chiuso? No, anche perché al di là della sua attuazione pratica, la proposta fa discutere pure la minoranza. Nicola Zingaretti, presidente della Provincia di Roma per il Pd, parla di «iniziativa lungimirante» perché va contro il «rischio di ghettizzazione e di estremizzazione» degli immigrati. «È un’idea peregrina da molti punti di vista» dice invece la radicale Emma Bonino, e si chiede: «Quale Corano si intende insegnare? Chi seleziona gli imam? A scuola servirebbe piuttosto un’ora di storia delle religioni». Una proposta che convince l’Italia dei valori: «A patto — sostiene la deputata Silvana Mura— che l’insegnamento delle principali religioni mondiali sia esercitato da docenti autorizzati dallo Stato». Un dibattito acceso ma destinato a rimanere teorico?
Monsignor Mariano Crociata, segretario generale della Cei, non entra nel merito ma dice che è «doloroso rilevare come non manca chi addirittura si serve del nome cristiano e dei legami ecclesiali per raggiungere e difendere posizioni di potere e di prestigio». La religione non c’entra ma sugli immigrati arriva un’altra proposta destinata a movimentare le acque della politica: diritto di voto alle amministrative per gli extracomunitari residenti in Italia da almeno cinque anni. Questa volta non è un’idea lanciata durante un convegno ma un disegno di legge bipartisan. Il primo firmatario è Walter Veltroni, seguito da Flavia Perina, deputata del Pdl di osservanza finiana, Roberto Rao (Udc), braccio destro di Casini, e da Leoluca Orlando per l’Italia dei valori. Anche stavolta la Lega è contraria.

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