Opportunità per ritrovare fiducia e trasparenza

Dalla Rassegna stampa

La riforma delle professioni, di cui si è parlato senza frutto per decenni, è vicina al traguardo. Questa settimana, infatti, il consiglio dei ministri dovrebbe approvare il regolamento che disciplina tirocinio, formazione continua, assicurazione obbligatoria, funzione disciplinare. Gli altri tasselli - i decreti su parametri per la liquidazione giudiziale delle parcelle e sulle società - sono anch'essi in fase di limatura finale.

Dunque, se si guarda alla lista dei compiti a casa dettati dalle manovre dello scorso anno, il giudizio è complessivamente positivo: il legislatore, pur con un po' di affanno (e in verità con ritardo per le società tra professionisti, il cui regolamento era atteso per maggio), è riuscito a individuare una strada capace di condurre a un risultato. Risultato, appunto, mancato per anni, sia a causa della complessità giuridica, sia per le contrapposizioni di interessi in campo, anche tra le stesse professioni ordinistiche. Insomma, chapeau a chi centra l'obiettivo dopo tanti tentativi non riusciti.

Lo schema di Dpr su tirocinio e disciplina, nonostante dedichi alcuni articoli a particolari professioni (notai e avvocati), ha modellato le regole senza cadere nella trappola delle particolarità che lo avrebbe esposto a veti incrociati. Occorre poi riconoscere che, a favore del governo, ha giocato la consapevolezza diffusa, anche tra gli Ordini, che molte regole della tradizione, la trincea delle tariffe per esempio, erano ormai anacronistiche.

Tutto bene, allora? Se si va nelle pieghe dei provvedimenti occorre rilevare come ci siano ancora aspetti meritevoli di essere riformulati per evitare che la riforma si inaridisca sulla carta e non porti quei risultati che i professionisti e i loro clienti si aspettano.

Cominciamo dalle società. La disciplina va raccordata dal punto di vista fiscale e previdenziale: senza chiarezza si corre il rischio che il reddito conseguito con l'esercizio collettivo sfugga alla contribuzione verso la cassa del professionista. Sarebbe una falla che il sistema previdenziale privato non potrebbe sopportare: occorre mettere in grado le casse di poter esercitare con responsabilità e con pienezza la loro funzione. Tra l'altro, la mancanza di chiarezza su questo punto rappresenterebbe un disincentivo indiretto all'utilizzo delle società.

Sui parametri in sostituzione delle tariffe anche il consiglio di stato ha rimarcato come il distinguo tra i due istituti possa essere labile. Un rimedio passa dalla promozione del preventivo, strumento di trasparenza verso il cliente, che non solo fa il prezzo, ma descrive anche la prestazione. Si è scelto di non imporre per legge l'obbligo di preventivo ma la sua pratica diffusa può contribuire a segnare la differenza tra un professionista e un altro, nell'ambito di una corretta concorrenza.

Infine, tirocinio, polizza, formazione e disciplina. Sul primo punto non si può estendere, senza riflessione, il tirocinio a professioni che finora ne erano escluse, così come va chiarita la possibilità di anticipo durante gli studi universitari, con opportune convenzioni ordini-atenei, alle figure che si formano con la laurea triennale. Non si può dimenticare la disciplina europea che impone, per diventare revisore contabile, tre anni di pratica: si deve recepire l'eccezione rispetto alla regola dei 18 mesi. Sulla formazione continua serve più determinazione per evitare la caccia ai "crediti", a favore di un sistema che porti davvero all'obiettivo di migliorare le prestazioni professionali. Quanto all'assicurazione obbligatoria, molte categorie sono in affanno, bisogno forse tenerne conto, visto che il Dpr arriverà comunque sul filo di lana del 13 agosto.

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