Ong e governi: la «guerra» parallela dei dossier

Dalla Rassegna stampa

Rapporti dall’inferno. Quello siriano. In Siria sono in aumento i crimini di guerra da parte delle forze governative come dei ribelli, in un conflitto in cui ormai prevale il senso di impunità: è la denuncia contenuta nel rapporto della commissione d’inchiesta dell’Onu guidata dal brasiliano Paulo Pinheiro. «Gli autori di queste violazioni e di questi crimini, da entrambe le parti, agiscono in aperta sfida al diritto internazionale e non temono di dover rendere conto. È imperativo che vengano denunciati a un organismo giudicante», si legge nel rapporto che copre il periodo dal 15 maggio al 15 luglio 2013. In particolare accusa le forze governative di aver massacrato civili. I ribelli, tra cui gruppi jihadisti stranieri, hanno commesso a loro volta crimini di guerra come le esecuzioni sommarie, i sequestri e i bombardamenti di quartieri residenziali.

LA PARTITA DEI DOSSIER

Dalla denuncia della Commissione Onu a quella di Human rights watch (Hrw), organizzazione internazionale non governativa per la difesa dei diritti umani. Nei giorni scorsi, Hrw ha pubblicato un’inchiesta di 22 pagine in cui assicura che durante il bombardamento dello scorso 21 agosto sui due quartieri di Ghouta, a Damasco, sono state usate armi chimiche, e che queste appartengono all’arsenale del presidente siriano Bashar al-Assad. Il documento di Human rights watch è ritenuto molto importante perché proviene da una fonte considerata «indipendente» e non legata ad alcun interesse politico particolare. Hrw ha spiegato di avere raccolto i racconti dei testimoni presenti nelle zone colpite dai bombardamenti, di avere analizzato i resti e i danni causati dalle armi usate e i sintomi presentati dalle vittime dell’attacco, documentati da diversi fonti mediche sul luogo. Gli esperti di Hrw non sono stati in grado di andare fisicamente nelle zone dell’attacco: dal 22 agosto al 6 settembre hanno intervistato su Skype più di 10 testimoni e sopravvissuti al bombardamento, e 3 medici che hanno esaminato alcune delle vittime. Hrw ha analizzato anche le foto e i video che sono stati diffusi dopo l’attacco, oltre che alcune immagini ad alta risoluzione ottenute direttamente da una fonte che ha fotografato e misurato i componenti dei missili trovati a Ghouta orientale dopo l’attacco. Inoltre Hrw si è consultata con diversi esperti di armi chimiche. L’ong ha concluso che il 21 agosto si è verificato un attacco chimico tramite il lancio di missili terra a terra di 330 millimetri di diametro, di fabbricazione siriana, e di missili terra a terra di 140 millimetri di diametro, di fabbricazione sovietica. Entrambe le tipologie di missili, secondo gli esperti sentiti da Hrw non sono in possesso dei ribelli, ma solo del governo siriano. I missili trasportavano un gas nervino, probabilmente il sarin, e i sintomi delle vittime sono compatibili con questa conclusione - si parla di respiro irregolare e difficoltoso, spasmi muscolari involontari, nausea, fuoriuscita di schiuma dalla bocca e di fluidi dal naso e dagli occhi, convulsioni, visione offuscata, restrizione delle pupille. Hrw scrive che il governo siriano è «quasi certamente responsabile» per gli attacchi del 21 agosto. Riguardo alle ipotesi fatte dal governo siriano, ma anche da quello russo, sul fatto che l’attacco fosse stato compiuto dai ribelli, Hrw scrive: «Human Rights Watch ha investigato anche sulla possibilità che i responsabili dell’attacco del 21 agosto siano state le forze di opposizione, e ha trovato queste rivendicazioni prive di credibilità e incoerenti con le prove trovate sulle scene dell’attacco. L’ipotesi che le morti del 21 agosto siano state provocate da un’esplosione accidentale causata da una gestione poco attenta di armi chimiche da parte dei ribelli è incoerente con i molti morti in entrambe le località (che distano tra loro ben 16 chilometri), con la documentazione relativa all’attacco missilistico su quei siti quella mattina - come dimostrano le prove portate dai testimoni - e con i danni visibili sugli stessi missili e sul terreno su cui sono caduti». Ma da Mosca arriva il «controdossier»: la Russia ha fatto n pervenire al Consiglio di sicurezza dell’Onu le prove in suo possesso dell’uso di armi chimiche da parte dei ribelli in Siria. Ad annunciarlo è il presidente della Commissione esteri della Duma, Aleksei Pushkov, durante una sessione plenaria della Camera bassa del Parlamento russo. «Ci sono ragioni per presumere che non solo il governo siriano, ma anche i militanti dell’opposizione possiedono armi chimiche», ha detto Pushkov. «Ci sono sospetti - aggiunge - che i militanti hanno usato queste armi più volte». Pushkov ha inoltre aggiunto che gli insorti siriani hanno utilizzato armi chimiche vicino ad Aleppo lo scorso marzo.

 

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