«Oltre 400 firme false per Formigoni»

Non solo non si arrendono ma insistono e rilanciano: accusano Formigoni di avere «vinto le ultime elezioni con un listino sostenuto da più di 400 firme certamente false»; gli chiedono di «dimettersi immediatamente, non per un cavillo burocratico ma per la gravissima ragione politica di aver mentito agli elettori»; e infine lo querelano, per la seconda volta in pochi mesi, per averli accusati di essere loro a mentire.
Lui per ora replica così: «Questi vogliono sovvertire il voto popolare». «Questi» sarebbero poi i Radicali della lista Bonino-Pannella. I quali, rappresentati dall'ex europarlamentare Marco Cappato e dall'avvocato Giuseppe Rossodivita, hanno portato ieri a Palazzo di Giustizia tre scatoloni di nuove carte per il giudice Cristina di Censo che tra una settimana esatta dovrà decidere la sorte dell'inchiesta per falso ideologico nata la scorsa primavera da una denuncia degli stessi Radicali: di cui la Procura, però, finora ha chiesto l'archiviazione.
È appunto in opposizione a tale richiesta, formulata secondo Cappato «senza aver svolto alcuna vera indagine», che i Radicali hanno presentato la documentazione integrativa di ieri. Il loro esposto di marzo parlava di timbri e date irregolari negli elenchi delle firme per il listino Formigoni? Ieri hanno formalizzato un'accusa ancora più pesante: secondo la quale «almeno 473 di quelle firme sono sicuramente scritte dalle stesse mani», e quindi «totalmente false», a cui «bisogna aggiungerne altre 99 fortemente sospette».
A sostenere la loro accusa è una consulenza tecnica affidata a un perito grafologo del Tribunale, la dottoressa Laura Guizzardi, secondo cui vi sono «dati chiari e univoci» che portano ad attribuire moltissimi gruppi delle firme in questione a «un medesimo soggetto estensore». A queste, precisano i Radicali, andrebbero comunque aggiunte la altre irregolarità già denunciate a marzo: il che porterebbe a un numero totale di firme valide «ampiamente al disotto delle 3.500 richieste per essere regolarmente ammessi alle elezioni». «Pdl e Lega - ha detto Cappato - hanno realizzato un'opera di falsificazione da Repubblica delle Banane. Ora Formigoni, come qualunque politico che copre la verità su una vicenda tanto grave, deve dimettersi e le elezioni vanno finalmente tenute rispettando le regole».
Nel frattempo, come si è detto, i radicali hanno comunque querelato il governatore per diffamazione dopo che questi aveva definito «tutte falsità» le accuse contenute nel loro dossier. In effetti ieri Formigoni non è entrato nel merito tecnico della vicenda, contestandone piuttosto le motivazioni e accusando a sua volta «questi» di voler «sovvertire il voto popolare come hanno tentato di fare in Piemonte. «Ma qui in Lombardia - ha proseguito - la cosa è ancora più chiara: abbiamo avuto quasi il 60 per cento dei voti, dando 23 punti di distacco alla coalizione arrivata seconda, e difenderemo il voto della nostra gente che ha scelto con grande chiarezza». Sulla stessa linea, e anche più dura, la difesa di Formigoni pronunciata dal presidente della provincia nonché coordinatore del Pdl lombardo, Guido Podestà, il quale contesta ai Radicali un «pervicace disprezzo della volontà degli elettori» arrivando anzi a ribaltare su di loro il «sospetto» che proprio gli atti da loro portati in Tribunale «possano non essere più genuini»: «Verifico con dispiacere - conclude Podestà - che oggi i Radicali mirano ad attività di tipo pseudo-notarile che nulla hanno a che vedere con il rispetto democratico della volontà degli elettori».
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