Obama: è indispensabile la leadership dell'Occidente

Dalla Rassegna stampa

Una nuova alba per l'Occidente, più democrazia e libertà a oriente e un mondo più giusto, sempre meno minacciato dal terrorismo. È l'utopia di Barack Obama. O meglio la sua visione del XXI secolo, lucida e ispirata, che ieri ha offerto alle camere riunite del Parlamento di Londra. Un discorso e un'occasione storici. È il primo presidente americano a parlare a Westminster Hall, di fronte ai deputati e ai Lord. Per spezzare l'emozione serviva una battuta e Obama ha aperto così i suoi quaranta minuti da grande oratore: «Mi hanno detto che qui prima di me ci sono stati il Papa, la regina e Nelson Mandela. O è un grande onore oppure è uno scherzo molto divertente». La risata degli onorevoli colleghi ha smorzato l'emozione e il presidente americano, nella sua seconda giornata londinese, ha voluto sottolineare che l'egemonia dell'Occidente, e soprattutto di America e Gran Bretagna, non è affatto tramontata, nonostante i passi da giganti delle economie emergenti come Cina, India e Brasile. «Entriamo in un nuovo capitolo della nostra storia, con nuove sfide, come la rivoluzione in Medio Oriente e in Africa, ma il tempo di dimostrare la nostra leadership è adesso», ha esortato, sottolineando di aver ormai lasciato alle spalle gli anni difficili della guerre in Iraq e Afghanistan, che sta progredendo verso la pacificazione. E a dieci anni dall'11 settembre anche al Qaeda è finalmente indebolita dopo la morte di Osama bin Laden.

Si sa che gli inglesi sono avari di emozioni, ma il presidente ha strappato un applauso a metà citando «il nonno del Kenya che si era arruolato come cuoco nell'esercito britannico». Peccato che in prima fila il ministro della Giustizia Ken Clarke si fosse addormentato.

Prima dell'apparizione a Westminster c'è stato l'incontro di lavoro con il premier David Cameron a Downing street. Nell'agenda, illustrata ai giornalisti nel giardino soleggiato di Lancaster House, soprattutto la primavera araba, la crisi libica, l'economia, il Medio Oriente e il terrorismo. Danzando un minuetto diplomatico ormai collaudato, Obama e Cameron si sono dati ragione a vicenda su tutto cercando di non menzionare mai le loro divergenze. Entrambi hanno auspicato la caduta di Gheddafi in Libia e l'aumento della pressione contro il regime. Ma «Barack», come lo ha sempre chiamato Cameron, non ha specificato se gli Usa interverranno maggiormente nelle azioni militari, come vorrebbe Londra. L'unica novità emersa dal vertice è l'accordo di presentare al G8 di oggi a Deauville, in Francia, una sorta di piano Marshall per sostenere le rivoluzioni democratiche della primavera araba, soprattutto di Egitto e Tunisia. «Stiamo dalla parte della libertà e dei diritti umani, anche se non possiamo sanare ogni ingiustizia», ha ammesso il presidente. Sul Medio Oriente ha ribadito che dovranno esserci due Stati, Israele e Palestina: «Sono ottimista ma non inggenuo, so che servono sacrifici da entrambe le parti».

Oggi Obama vola in Francia per il G8. Il suo viaggio-campagna elettorale nella vecchia Europa continua.

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