Il nuovo si chiama Emma

Lo dicono in tanti, storici, politologi: alla sinistra occorre prima di tutto una riflessione su se stessa. Poi bisogna pensare a una nuova identità capace di confrontarsi con quella moltitudine di cittadini, una nebulosa, come dice Giovanni De Luna, che anno dopo anno ha abbandonato le emanazioni del vecchio Partito comunista, sia il modello di fusione a freddo veltroniano (il Pd) che la frammentazione della sinistra radicale. Una sinistra forte di un’identità fatta di saperi, di cultura, consapevole degli obiettivi da raggiungere per garantire diritti civili e sociali a tutti, tenendo presente sia lo scenario nazionale che internazionale, potrebbe riuscire a vedere la realtà, a scorgere nella nebbia del berlusconismo i suoi elettori, adesso lasciati a se stessi, in balia dei grillini di turno e della Lega, o ancora, del vuoto rabbioso dell’astensione.
Non cogliere la vita reale, quotidiana, degli italiani: è l’accusa più grave a questa classe dirigente. Perché l’identítà di un partito non si inventa a tavolino, anche se in certi ambienti di sinistra personaggi "molto trendy" pensano che basti una campagna pubblicitaria ben azzeccata. L’identità è fatta di storia, di studio, di coerenza, di analisi teorica e di impegno. Ora, nel dopo elezioni, al di là della boutade di chi affermma che la sinistra ha tenuto bene, (Roggia, responsabile locale Pd), anche sulle pagine moderate de l’Unità, si invoca una “rifondazione, in assoliuta discontinuità con il passato”.
E su questa linea dl discontinuità è certo che il volto nuovo delle elezioni sia stato quello di Emma Bonino. La candidata radicale subito definita una. "fuoriclasse" dal segretario Bersani e purtroppo, forse, circondata da troppi "sentimenti tiepidi" da parte del Pd, ha dato prova di essere una vera statista: una campagna eletto- rale condotta, nonostante i pochi mezzi rispetto alla Polverini, con intelligenza e passione, vicina alla gente, aperta al dialogo con tutti. Legalità, rispetto delle regole e trasparenza sono concetti che detti
da Emma Bonino risuonano chiari, senza quelle "stonature" che invece circondano molte parole di troppi politici italiani. Hanno accostato la Bonino a Vendola. Entrambi sarebbero il nuovo, entrambi, dissero dopo piazza del Popolo, sarebbero dovuti entrare nel Pd. Adesso, dopo la vittoria in Puglia (ma grazie all’Udc, ricordiamolo, è importante), Vendola viene addirittura presentato come il futuro candidato alla segreteria del Pd. Ma la differenza tra la Bonino e Vendola è enorme, inconciliabile. Vendola è un comunista che viene dalla federazione, cattolico fervente e praticante. Emma è radicale, laica e anticlericale. La differenza poi sta nella cultura politica dei due. Niki Vendola, che un Fausto Bertinotti ormai sfiduciato dalla militanza saluta come il vessillo della sinistra italiana, è in realtà l’ultimo erede di quel compromesso storico Pci-Dc che ha prodotto i guasti degli anni Ottanta, gli anni del mutamento antropologico dell’Italia, come sostiene lo storico Guido Crainz. Gli anni cruciali che vedono l’ascesa di Craxi e il fallimento del socialismo, l’ascesa di Berlusconi e l’inizio del berlusconismo.
Invece Emma Bonino, dagli anni Settanta a fianco di Pannella nel Partito radicale, è l’erede di un pensiero laico, europeista, difensore dei diritti civili. Un pensiero di uomini come Ernesto Rossi che si battè per la laicità dello Stato e della scuola, o di Altiero Spinelli che pur al confino fascista immaginava la nuova Europa. Da Emma Bonino si risale al Partito d’azione, a Pannunzio, a La Malfa, a Lombardi. Uomini e politici che disegnavano un’Italia diversa, socialista e liberale, moderna e svincolata dal Vaticano e che finirono schiacciati tra le due Chiese: la De e il Pci. Ora non è il caso che il Pd, se vuole davvero diventare la forza d’opposizione politica, ma soprattutto culturale, a Berlusconi e al berlusconismo, ripeta l’errore di affidarsi a una nuova alleanza cattocomunista, che insieme a Marx celebra anche san Paolo.
Non cogliere la vita reale, quotidiana, degli italiani: è l’accusa più grave a questa classe dirigente. Perché l’identítà di un partito non si inventa a tavolino, anche se in certi ambienti di sinistra personaggi "molto trendy" pensano che basti una campagna pubblicitaria ben azzeccata. L’identità è fatta di storia, di studio, di coerenza, di analisi teorica e di impegno. Ora, nel dopo elezioni, al di là della boutade di chi affermma che la sinistra ha tenuto bene, (Roggia, responsabile locale Pd), anche sulle pagine moderate de l’Unità, si invoca una “rifondazione, in assoliuta discontinuità con il passato”.
E su questa linea dl discontinuità è certo che il volto nuovo delle elezioni sia stato quello di Emma Bonino. La candidata radicale subito definita una. "fuoriclasse" dal segretario Bersani e purtroppo, forse, circondata da troppi "sentimenti tiepidi" da parte del Pd, ha dato prova di essere una vera statista: una campagna eletto- rale condotta, nonostante i pochi mezzi rispetto alla Polverini, con intelligenza e passione, vicina alla gente, aperta al dialogo con tutti. Legalità, rispetto delle regole e trasparenza sono concetti che detti
da Emma Bonino risuonano chiari, senza quelle "stonature" che invece circondano molte parole di troppi politici italiani. Hanno accostato la Bonino a Vendola. Entrambi sarebbero il nuovo, entrambi, dissero dopo piazza del Popolo, sarebbero dovuti entrare nel Pd. Adesso, dopo la vittoria in Puglia (ma grazie all’Udc, ricordiamolo, è importante), Vendola viene addirittura presentato come il futuro candidato alla segreteria del Pd. Ma la differenza tra la Bonino e Vendola è enorme, inconciliabile. Vendola è un comunista che viene dalla federazione, cattolico fervente e praticante. Emma è radicale, laica e anticlericale. La differenza poi sta nella cultura politica dei due. Niki Vendola, che un Fausto Bertinotti ormai sfiduciato dalla militanza saluta come il vessillo della sinistra italiana, è in realtà l’ultimo erede di quel compromesso storico Pci-Dc che ha prodotto i guasti degli anni Ottanta, gli anni del mutamento antropologico dell’Italia, come sostiene lo storico Guido Crainz. Gli anni cruciali che vedono l’ascesa di Craxi e il fallimento del socialismo, l’ascesa di Berlusconi e l’inizio del berlusconismo.
Invece Emma Bonino, dagli anni Settanta a fianco di Pannella nel Partito radicale, è l’erede di un pensiero laico, europeista, difensore dei diritti civili. Un pensiero di uomini come Ernesto Rossi che si battè per la laicità dello Stato e della scuola, o di Altiero Spinelli che pur al confino fascista immaginava la nuova Europa. Da Emma Bonino si risale al Partito d’azione, a Pannunzio, a La Malfa, a Lombardi. Uomini e politici che disegnavano un’Italia diversa, socialista e liberale, moderna e svincolata dal Vaticano e che finirono schiacciati tra le due Chiese: la De e il Pci. Ora non è il caso che il Pd, se vuole davvero diventare la forza d’opposizione politica, ma soprattutto culturale, a Berlusconi e al berlusconismo, ripeta l’errore di affidarsi a una nuova alleanza cattocomunista, che insieme a Marx celebra anche san Paolo.
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