I nuovi compagni di viaggio del premier

“Blob” dovrebbe riproporre a raffica - come immagine riassuntiva dell’attuale fase politica e di governo - la scena andata in onda l’altroieri in tivvù.
Si vedeva Mimmo Scilipoti, somigliante all’attore Denny De Vito ma purtroppo non bravo quanto lui, il quale alla convention del Movimento dei Responsabili, di cui è «segretario politico», impugnava la cornetta del telefono e la rivolgeva beatamente, e al colmo della soddisfazione da peone diventato a suo modo star, verso l’alto. Per captare la voce del Cavaliere che pioveva, come quella dello Spirito Santo, sui presenti. Tutti in estasi, come Mimmo, nell’ascolto delle parole presidenziali. Soprattutto queste: «Voi siete la terza componente della nostra maggioranza, la nuova gamba su cui si poggia il governo». Sì, da Fini a Scilipoti. Oppure: da Casini a Pionati, perchè anche quest’ultimo è stato elogiato come colosso del nuovo centro-destra, in un’analoga telefonata berlusconiana piovuta alla riunione di Alleanza di Centro (il micro-partitino mono-personale dell’ex mezzobusto irpino del tiggì Uno). Se nel 1994, all’epoca della discesa in campo del Cavaliere e della nascita del Polo delle Libertà, gli alleati di Berlusconi erano Fini e Casini, adesso è come se si sia passati dal burro alla margarina.
Non più Pier (il giovane cavallo di razza della tradizione democristiana e allora neo-fondatore del Ccd) e Gianfranco (appena sdoganato e primo rappresentante di una destra post-fascista finalmente normale), ma Scilipoti e Pionati. Non più Fini, il quale piaccia o no è comunque una superstar, ma Storace. Il cui collega di partito della Destra - Nello Musumeci - è appena stato indicato come sottosegretario. Nonostante Storace, non tanto tempo fa, quando era in rottura con Fini e in freddo con Berlusconi, tuonasse contro gli ex colleghi di An ripudiatori del Duce e ancora alleati di Silvio: «Voi siete passati dalla casa del padre alla villa del Padrone».
Insomma, come cambiano i compagni (oibò, non è proprio la parola più adatta) di strada di Berlusconi. Sono sempre più piccoli, dal punto di vista del peso elettorale, e sempre di più, dal punto di vista numerico. Se nel ‘94 di democristiani c’erano solo quelli del Ccd, adesso al fianco del Cavaliere si contano addirittura sei mini-partitelli che si richiamano alla lezione scudocrociata. Oltre a quello di Pionati, quello di Pino Pizza, che è sottosegretario alla Pubblica Istruzione, quello di Giovanardi, a sua volta sottosegretario, e via con tutti gli altri, vecchi e nuovi: la Dc per le autonomie dell’ottimo ministro Rotondi; il Pid dei transfughi ex uddiccini, guidati dal cuffarian-manniniano Saverio Romano che probabilmente sarà ministro; gli scissionisti dal partito siciliano di Raffaele Lombardo, che si chiamano «Noi Sud» e possono vantare come leader Enzo Scotti (il quale ai tempi della Dc, quella vera, era soprannominato Tarzan, per l’agilità con cui come su una liana volava da una corrente all’altra della Balena Bianca).
Questa parabola del berlusconismo - che ha perduto per la strada culture pesanti come quelle rappresentate da Fini e Casini per assemblare come in un puzzle piccoli frammenti del più minuto panorama parlamentare - viene ovviamente giudicata un fallimento dal leader dell’Udc. Il quale ieri, in un convegno su Pinuccio Tatarella, che fu "ministro dell’armonia" nel primo governo di centro-destra, ha osservato: «Nel ‘94, pensavamo che l’impegno politico di Berlusconi piano piano avrebbe riassorbito tutte le sue anomalie, i conflitti d’interesse, le forzature che a noi già allora apparivano lampanti. Ma col passare del tempo è accaduto l’opposto: il berlusconismo ha ampliato e aggravato le sue anomalie». Chissà se fra queste anomalie c’è anche quella di aver scaricato la componente liberale, che dovrebbe costituire il cuore del partito del Cavaliere la cui missione è tuttora quella di scatenare la «rivoluzione liberale» nell’Italia ingessata. Uno come Antonio Martino, economista insigne ed ex ministro, non è più in auge. Alfredo Biondi ha sbattuto la porta e se n’è andato, per non dire di uno dei fondatori di Forza Italia, il liberale Raffaele Della Valle, che da tempo ha lasciato la politica o di Carlino Scognamiglio che fu presidente del Senato e oggi nel Pdl sarebbe un pesce fuor d’acqua. Chi al loro posto? Si stanno avvicinando alla maggioranza di governo i Liberal-democratici di Italo Tanoni e Daniela Melchiorre, non proprio dei diretti discendenti di Luigi Einaudi.
O ancora, se in principio furono Fini e Casini, in finale sembra esserci Marco Pannella. Davvero lui (o uno dell’area radicale) sarà ministro Guardasigilli al posto di Angelino Alfano, che andrebbe a fare i leader del Pdl? «Sono fermamente convinto scrive Pannella su Facebook - che sia dovere civile aiutare le Istituzioni disastrate. E far durare la legislatura fino alla fine». Sarebbe il miracolo del nuovo berlusconismo in salsa scilipotiana.
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