Le nuove partecipazioni statali

Dalla Rassegna stampa

Roberto Formigoni e Nichi Vendola sono due star della politica regionale. Sono esperti, carismatici, dotati di un proprio seguito elettorale, animati da un progetto e ansiosi di proiettarlo sulla scena nazionale. Eppure sono finiti entrambi al centro del tornado di scandali abbattutosi sul sistema Sanità, una greppia di denaro pubblico che è ormai l’equivalente delle Partecipazioni statali di un tempo. Formigoni e Vendola sono anche due personalità che più diverse non si può: uno proviene dalla Dc e cerca la liberazione nella Comunione; l’altro viene dal Pci e l’ha sempre cercata nel Comunismo. Roberto ha spinto al massimo la presenza del «privato» nel welfare, Nichi si è fatto paladino del «pubblico» senza se e senza ma. Eppure entrambi hanno reagito agli scandali nello stesso modo: da vergini offese, alludendo a trame ordite ai danni della loro persona e del loro rivoluzionario disegno, rifiutando ogni responsabilità politica. Formigoni, non essendo indagato, ha sempre rigettato con sdegno il parallelo con gli scandali della Puglia; ma ora è un intellettuale barese, Alessandro Laterza, a dire con sdegno che la «primavera pugliese» sta finendo come la Lombardia. E in effetti la situazione politica alla Regione lombarda sembra al collasso. Quando hai dieci consiglieri indagati, tra i quali quattro membri su cinque dell’ufficio di presidenza del Consiglio, due assessori arrestati, altri due dimessi, e una Nicole Minetti eletta nel tuo listino personale, è difficile cavarsela come fa Formigoni, dicendo che dei reati rispondono le persone e lui risponde solo del buon governo. Perché una tale diffusione del malaffare o è frutto di un’impressionante serie di errori giudiziari o chiama in causa un sistema politico al cui vertice c’è lui. Qui non si tratta di responsabilità penali: anche se, per gli standard del Nord Europa che a Milano dovrebbero valere, andare in vacanza insieme a chi fa affari con la Regione, in un settore che assomma il 75% della spesa totale e vale 17 miliardi di euro, basterebbe per una condanna politica. Qui si tratta piuttosto della responsabilità oggettiva di chi da 17 anni è il leader incontrastato di un esperimento di governo indicato come esempio al Paese. Le falle che vi si sono aperte, la sua vulnerabilità alla corruzione, meriterebbero ben altra umiltà autocritica. L’ostinazione a minimizzare autorizza invece il sospetto che il «Celeste» abbia esaurito la sua spinta propulsiva, e punti ormai solo a sopravvivere. La sanità lombarda ha scelto un modello di forte sussidiarietà e di ampio intervento del «privato», sia profit che non profit. Bisogna dire che non è questa la causa dei suoi guai attuali. Anzi, ha garantito alta qualità del servizio, efficienza ed equilibrio finanziario, certo più che in tante altre regioni, Puglia compresa, dove la retorica del «pubblico» copre sperperi e clientele. Però è proprio in un sistema misto che la neutralità del regolatore assume un’importanza decisiva. E invece anche l’ultima inchiesta sta portando alla luce un sistema di potere che condivide troppo col Governatore, a partire dalla comune militanza in Comunione e Liberazione. Vuol dire che l’amministrazione non è abbastanza separata dagli affari. Questa è la responsabilità politica di Formigoni. E di questa non può evitare di rispondere.] Roberto Formigoni e Nichi Vendola sono due star della politica regionale. Sono esperti, carismatici, dotati di un proprio seguito elettorale, animati da un progetto e ansiosi di proiettarlo sulla scena nazionale. Eppure sono finiti entrambi al centro del tornado di scandali abbattutosi sul sistema Sanità, una greppia di denaro pubblico che è ormai l'equivalente delle Partecipazioni statali di un tempo.

Formigoni e Vendola sono anche due personalità che più diverse non si può: uno proviene dalla Dc e cerca la liberazione nella Comunione; l'altro viene dal Pci e l'ha sempre cercata nel Comunismo. Roberto ha spinto al massimo la presenza del «privato» nel welfare, Nichi si è fatto paladino del «pubblico» senza se e senza ma. Eppure entrambi hanno reagito agli scandali nello stesso modo: da vergini offese, alludendo a trame ordite ai danni della loro persona e del loro rivoluzionario disegno, rifiutando ogni responsabilità politica. Formigoni, non essendo indagato, ha sempre rigettato con sdegno il parallelo con gli scandali della Puglia; ma ora è un intellettuale barese, Alessandro Laterza, a dire con sdegno che la «primavera pugliese» sta finendo come la Lombardia.

E in effetti la situazione politica alla Regione lombarda sembra al collasso. Quando hai dieci consiglieri indagati, tra i quali quattro membri su cinque dell'ufficio di presidenza del Consiglio, due assessori arrestati, altri due dimessi, e una Nicole Minetti eletta nel tuo listino personale, è difficile cavarsela come fa Formigoni, dicendo che dei reati rispondono le persone e lui risponde solo del buon governo. Perché una tale diffusione del malaffare o è frutto di un'impressionante serie di errori giudiziari o chiama in causa un sistema politico al cui vertice c'è lui. Qui non si tratta di responsabilità penali: anche se, per gli standard del Nord Europa che a Milano dovrebbero valere, andare in vacanza insieme a chi fa affari con la Regione, in un settore che assomma il 75% della spesa totale e vale 17 miliardi di euro, basterebbe per una condanna politica. Qui si tratta piuttosto della responsabilità oggettiva di chi da 17 anni è il leader incontrastato di un esperimento di governo indicato come esempio al Paese. Le falle che vi si sono aperte, la sua vulnerabilità alla corruzione, meriterebbero ben altra umiltà autocritica. L'ostinazione a minimizzare autorizza invece il sospetto che il «Celeste» abbia esaurito la sua spinta propulsiva, e punti ormai solo a sopravvivere.

La sanità lombarda ha scelto un modello di forte sussidiarietà e di ampio intervento del «privato», sia profit che non profit. Bisogna dire che non è questa la causa dei suoi guai attuali. Anzi, ha garantito alta qualità del servizio, efficienza ed equilibrio finanziario, certo più che in tante altre regioni, Puglia compresa, dove la retorica del «pubblico» copre sperperi e clientele. Però è proprio in un sistema misto che la neutralità del regolatore assume un'importanza decisiva. E invece anche l'ultima inchiesta sta portando alla luce un sistema di potere che condivide troppo col Governatore, a partire dalla comune militanza in Comunione e Liberazione. Vuol dire che l'amministrazione non è abbastanza separata dagli affari. Questa è la responsabilità politica di Formigoni. E di questa non può evitare di rispondere.

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