Nuove centrali, scontro politico in Italia

Dalla Rassegna stampa

La linea italiana sul nucleare «non cambia». Con due semplici parole il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, a Bruxelles ha fatto piazza pulita dei dubbi, degli allarmi e delle polemiche nate nelle ultime ore, sulla scia del caso giapponese, anche nei Paesi storicamente più fedeli all'atomo. Una posizione pienamente condivisa anche dal ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, secondo il quale l'Italia deve andare avanti nel suo piano, senza cedere alle emozioni passeggere.
A Bruxelles si usano toni tranquillizzanti, sì sottolinea che in tutti gli Stati Ue, al momento, i livelli di radiazione sono normali. Ma con la situazione creatasi alla centrale nucleare di Fukushima in Giappone, in seguito al terremoto e allo tsunami, l'Europa sa altrettanto bene di dover fare i conti con le inquietudini, mai sopite, su quel modo di produrre energia.
Non si è fatta attendere la risposta della Germania, uno dei paesi Ue che con Francia e Regno Unito ha il maggior numero di centrali nucleari sul proprio territorio. Angela Merkel ha annunciato che due dei più vecchi impianti nucleari tedeschi chiuderanno subito. Anche la Svizzera ha fatto sapere di aver sospeso le procedure per nuove centrali, in attesa di eventuali norme di sicurezza più stringenti.

Ma torniamo in Italia. Proprio oggi la Camera inizierà l'esame del decreto legislativo per identificare i siti per le nuove centrali. Ieri l'esame è stato avviato in commissione al Senato. L'incidente della centrale di Fukushima in Giappone ha riacceso il dibattito in Italia sul ritorno all'atomo, confermato ieri dal ministro Stefania Prestigiacomo, ma su cui voci dubbiose si levano anche nel Pdl.

A infiammare il confronto ci ha pensato il «niet» di Pd] e Lega alla richiesta delle opposizioni di discutere mercoledì alla Camera due mozioni, del Pd e di Fli, che impegnano il governo a modificare il decreto del ministro Romani sulle energie rinnovabili, ripristinando gli incentivi. Ma in conferenza dei capigruppo la maggioranza non l'ha avuta vinta, così l'iniziativa dei democratici e dei futuristi è stata messa all'ordine del giorno dei documenti nella quota che spetta di diritto alle minoranze.
 
Questo ha riacceso il fuoco dello scontro sul tema fonti rinnovabili-nucleare. Sulle posizioni del ministro Prestigiacomo anche Renato Brunetta: «Il governo andrà avanti; non si può decidere uno stop in base ad eventi ancora confusi».
Non la pensa così il centrosinistra: Pd e Idv hanno chiesto almeno di «sospendere» l'esame del decreto. Ermete Realacci (Pd) ha reso noto un sondaggio effettuato prima dell'incidente in Giappone secondo cui solo il 32 % degli italiani è favorevole al ritorno all'atomo, il 10% è indeciso e il 58% è contrario. E se il governo vorrà andare avanti, ha detto Antonio Di Pietro, sarà fermato a giugno dal referendum. Emma Bonino ha sottolineato che quella nucleare non è conveniente: «Investire 30 miliardi di euro pubblici per ottenere il 4% di consumo di energia tra 20 anni non ha senso economico». Pier Ferdinando Casini, invece, ha ribadito il suo appoggio al ripristino delle centrali atomiche, così come Enzo Raisi a nome di Fli.

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