Nuova legge elettorale, in Aula comincia la conta

Dalla Rassegna stampa

 

Sarà pure un fuoco di sbarramento che nasconde la paura del voto, ma ormai i leader del Pd e dell'Udc lo dicono in chiaro ed Enrico Letta è molto esplicito: «Con le sue parole sulla legge elettorale Fini allontana le elezioni anticipate». Dimostrando così che la modifica del sistema elettorale può diventare un Cavallo di Troia utile a tutti gli oppositori dei premier, esterni e interni, per provare a sconfiggerlo, prima creando un governo di transizione e solo successivamente nelle urne. Nel suo confronto con Casini alla festa del Pd, il numero due dei Democratici dice di trovare «assolutamente naturale che forze di vario tipo discutano insieme sulla legge elettorale, per poi separarsi in campagna elettorale». E Casini non è da meno: «Se si aprirà la crisi, il tema del cambiamento della legge elettorale, cui Fini ha fatto riferimento, sarà sul tappeto e ognuno si assumerà le sue responsabilità».
Con una chiosa sibillina: «Berlusconi se ha la maggioranza vada avanti e governi. Altrimenti si dimetta, e se si dimette non è lui ad indire le elezioni anticipate. Napolitano farà le consultazioni e sentirà i partiti, e ieri Fini ha detto una cosa significativa, cioè che la legge elettorale è una porcheria». Tradotto, in caso di crisi di governo, il capo dello Stato ascolterà il parere di tutti i gruppi parlamentari: se alla fine dovesse registrare una maggioranza numerica favorevole a un nuovo governo con il solo scopo di cambiare la legge elettorale, quella che fino a ieri sembrava solo un'ipotesi potrebbe diventare una realtà.
È vero che in quel caso si aprirebbe un enorme problema politico, non a caso nei colloqui informali molti dirigenti dell'opposizione paventano «il caos nelle piazze e il fuoco di sbarramento mediatico» che verrebbe scatenato dal Pdl. Ma in queste ore non sembra essere questa la loro preoccupazione principale, quanto quella di creare le condizioni per trovare la maggioranza necessaria alla bisogna. Sulla carta, se i gruppi parlamentari di Pd, Udc, Idv, Api e Fli salisserro al Colle per manifestare la loro preferenza per un'ipotesi del genere, ad oggi potrebbero sommare alla Camera 309 voti, contro i 298 totali di Pdl e Lega.
È vero che poi resterebbero altri 23 deputati di piccole formazioni aderenti al gruppo misto, come i 5 dell'Mpa di Lombardo, i 6 di Noi Sud ed altri che potrebbero rappresentare l'ago della bilancia per raggiungere la maggioranza di 316 voti. Ma in quel caso non è dato sapere se la volontà di non interrompere la legislatura potrebbe prevalere sulla fedeltà al governo assicurata finora da alcune di queste componenti. Diversa la situazione al Senato, dove Pdl e Lega contano su 161 voti che costituiscono la maggioranza sui 321 iscritti in cui sono compresi anche i senatori a vita. Questi calcoli, in casa Pd e Udc, se li sono già fatti e tutti sanno che anche in caso di successo si aprirebbe una grana di non poco conto: mettere d'accordo tutti su un sistema alternativo al «porcellum».
I centristi sono convinti che il minimo comun denominatore sarebbe: via il premio di maggioranza, reintrodurre le preferenze con collegi uninominali, soglia di sbarramento e dichiarazione preventiva delle alleanze. Ma dovrebbero convincere i Democratici, spaccati in due fazioni su Mattarellum e sistema tedesco, Idv e finiani. In ogni caso la strategia d'attacco prevede due fasi. Gli stati maggiori di Pd e Udc aspettano dì vedere entrare in crisi il governo: «Solo dopo - spiegano i massimi dirigenti dei due partiti - la capacità di Berlusconi di tenere a bada i suoi verrà meno e ci sarà uno smottamento dal Pdl verso i gruppi di Fini o dell'Udc». Insomma, confidano in quella «zona grigia» che ogni volta decide la fine di una legislatura o la sua prosecuzione per poter mantenere il seggio in Parlamento.
Ben sapendo che, se alla Camera forse già allo stato potrebbe prodursi una maggioranza «risicata», al Senato invece sarebbe necessario che i gruppi finiani e dell'Udc si ingrossassero a scapito del Cavaliere. E qui entra in gioco la Lega: la speranza degli oppositori è che se a quel punto il Carroccio fiutasse il vento, potrebbe decidere di entrare nella partita, puntando su una maggiore convenienza elettorale ai danni del Pdl che potrebbe derivargli dalla reintroduzione dei collegi. Resta aperta l'incognita Di Pietro, ma anche di Fini, «che non ha detto quale sistema elettorale vuole», come ha fatto notare Pannella, ricordando di aver «rilanciato insieme a Pietro Ichino l'alternativa uninominalista, lasciando tutti quanti a discutere se sia meglio il provincellum del porcellum».

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