Nucleare, Rai, Fiat: tutti i fascicoli aperti

Dalla Rassegna stampa

Cinque mesi di interim. Cinque mesi di sostanziale stallo al ministero dello Sviluppo. Nonostante tutto l'impegno di direttori, dirigenti, funzionari, che hanno cercato di tenere il passo. Nonostante l'attivismo dei sottosegretari e degli altri dicasteri, in uno degli anni più difficili della crisi. Ma senza il ministro la locomotiva lanciata per riportare l'Italia nel nucleare con l'obiettivo di posare la prima pietra delle nuove centrali entro il 2013, è ferma sul binario. Oltre alle crisi aziendali, alla Fiat, all'idea di un contratto per l'auto. Oltre al Piano per il Sud, rimasto al palo. Oltre alla Rai, al conflitto d'interessi e al rinnovo del contratto di servizio tra lo Stato e Viale Mazzini. Oltre alle infrastrutture e all'impasse sulle «autostrade della comunicazione», cioè sulla rete in fibra ottica di nuova generazione, quella superveloce, dove volano dati e immagini. Oltre alla legge annuale sulla concorrenza, che doveva essere già stata approvata, e aspetta di essere portata in Consiglio dei ministri. Sono questi i dossier, tutti importanti, tutti "di peso" che Paolo Romani, se come sembra sarà lui ad ereditare il ministero dopo tanti tentativi andati a vuoto, si troverà di fronte. Dal 4 maggio, giorno in cui Claudio Scajola ha lasciato il ministero travolto dal caso Anemone e dall'inchiesta sul G8, sono "esplose" molte crisi aziendali.
L'ultima in ordine di tempo è quella della Fincantieri, ma altre 544 sono iscritte nel lungo elenco delle vertenze (alcune già risolte, molte ancora no) che da tempo fatino passare notti insonni alla direzione generale per la politica industriale. Per non parlare della Fiat e della partita aperta dal vertice dei Lingotto sul futuro dell'auto in Italia. In questi cinque mesi c'è stato il referendum sull'accordo a Pomigliano d'Arco ma resta aperto tutto il gigantesco capitolo delle deroghe contrattuali e della nuova rappresentanza sindacale. Temi sui quali Sergio Marchionne è determinato ad andare avanti, anche i sindacati sembrano pronti a giocare il proprio ruolo e tutti attendono che anche il governo faccia la sua parte. Un impegno che certamente richiede il coinvolgimento del ministro del Lavoro, Sacconi, ma non può prescindere da un ministro dello Sviluppo pienamente in carica.
Il nucleare. I cinque mesi di interim, di fatto, comporteranno uno slittamento di un anno dell'obiettivo 2013. La prima pietra è rinviata al 2014, per ammissione degli stessi protagonisti. Ma il ritardo non è irrecuperabile. Tutti però attendono la nomina dell'Agenzia nucleare, snodo fondamentale perla scelta dei siti e delle caratteristiche tecniche di impianti e tecnologie. Senza l'Agenzia, Enel-Edf e la potenziale seconda cordata che proprio in questi giorni il colosso Westinghouse è venuto a promuovere in Italia, non possono che incrociare le braccia. La nomina di presidente, quattro membri e un direttore generale dell'Agenzia, in questi mesi è rimasta .bloccata dai veti incrociati all'interno della stessa maggioranza. Spetterà a Romani sbloccare l'impasse e ridare slancio alla miriade di decreti, riunioni del Cipe, atti di indirizzo (come il piano strategico per l'energia) previsti dal complesso iter per il rientro dell'Italia nel nucleare.
La Rai. Pochi giorni fa il consiglio d'amministrazione ha rinviato l'approvazione del contratto di servizio che proprio Paolo Romani, nel suo ruolo di viceministro con le deleghe perle Comunicazioni, aveva preparato. È un passaggio delicato visto che il Cda della Tv pubblica ritiene di non poter soddisfare le richieste dello Stato perché creerebbero un buco di 335 milioni. Consiglieri e presidente all'unisono hanno optato per il rinvio e puntano sul recupero dell'evasione per colmare il deficit. Ma sullo sfondo resta la polemica sull'opportunità di pubblicare i compensi nei titoli di coda delle trasmissioni anziché sul sito Internet della Rai. E l'opposizione vede il conflitto d'interessi nella nomina di Romani, considerato un fedelissimo di Silvio Berlusconi. Soprattutto dopo che all'Autorità per le Comunicazioni il Pdl ha blindato la successione di Innocenzi con la nomina di Antonio Martusciello, più che legato al premier.
L'ultimo capitolo, ma non per importanza, è il Mezzogiorno. Il grande piano annunciato per il Sud si è sostanzialmente fermato con l'uscita di scena di Scajola. Il dossier è passato al ministro per gli Affari regionali, Fitto, che ha acquisito di fatto anche il Dipartimento per le politiche dello Sviluppo, con la gestione dei fondi comunitari e dei fondi Fas, un gruzzolo di 64 miliardi che però nel corso degli ultimi due anni sono stati usati per le più svariate finalità,dalla cancellazione dell'Ici agli interventi anticrisi. Sullo sfondo c'è il progetto-simbolo, quello del Ponte sullo Stretto di Messina, che non è ancora partito e che aspettale decisioni del Cipe. Il ministero dello Sviluppo in questi cinque mesi ha perso 900 milioni di dotazione che gli sono stati tolti con la manovra. E' quindi un ministero ridimensionato nelle competenze e nei fondi quello che erediterà il successore di Scajola. Che dovrà colmare, tra gli altri ritardi, anche quello sulla legge annuale per la concorrenza. La "lenzuolata" del centrodestra, in verità,esiste. È un provvedimento di 29 articoli che il sottosegretario Saglia ha inviato a Palazzo Chigi perché fosse portato in Consiglio dei ministri. Ma ha sollevato il disco rosso dell'Antitrust per le nuove regole sulla riforma dei carburanti: alcune recenti modifiche rischiano di bloccare la concorrenza, anziché accelerarla. Ed è un'altra patata bollente sul tavolo del nuovo ministro.

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