Il nostro spazio per le voci libere

I grandi organi di informazione di massa non offrono spazi alle voci che sono scomode al dominio del Potere trasversale e partitocratico. Si tollerano, a volte, saltuariamente, soltanto alcune rare eccezioni, ma servono perlopiù a confermare la regola. E così, per venire a conoscenza delle idee e dell'esistenza di chi non ha voce o non ha denaro da spendere o non ha il Potere, si cercano qua e là quegli spazi in cui il pensiero può ancora dialogare, contraddire, muoversi e agire senza essere mandato all'ammasso: il quotidiano "L'Opinione" è, per esempio, una di queste realtà liberali. Mentre il Potere dei consociativismi, dei corporativismi e dei conservatorismi occupa le televisioni, la grande stampa, i network più prestigiosi, dai microfoni di Radio Radicale si sente: "Siamo ad un punto terminale di una crisi che può essere quasi suicida per la non-democrazia italiana, per responsabilità unanime di tutta la partitocrazia, della sua maggioranza e delle sue opposizioni interne". La voce inconfondibile di Marco Pannella non lascia spazio agli equivoci: senza legalità e senza giustizia giusta siamo condannati alla tirannia, alla violenza, ai soprusi. In un appello urgente, ad oltre tre settimane dall'inizio dello sciopero della fame, il leader dei Radicali è tornato ad articolarne gli obiettivi di questa sua azione nonviolenta: giustizia e legalità. Ma a chi può parlare Pannella? A chi possono rivolgersi i Radicali? Forse, soltanto agli ascoltatori della Radio o ai lettori de L'Opinione. Non basta. Non è sufficiente per far conoscere le idee della più antica realtà politica del nostro Paese. Intanto, Niki Vendola, Beppe Grillo, Antonio Di Pietro e tutto l'asse dell'antipolitica imperante parla a milioni di cittadini attraverso i telegiornali e i programmi di approfondimento. I Radicali no. Pannella è silenziato perché è un liberale e un democratico, davvero. E dice cose che convincono: "La condizione della giustizia e della sua appendice delle carceri è una situazione da shoah". Ad alcuni apparirà una dichiarazione un po' troppo forte, esagerata. Eppure, l'intera comunità penitenziaria soffre di una condizione micidiale, insopportabile, devastante per la dignità stessa delle persone. Donne e uomini che in quella comunità vivono, lavorano, agiscono. Non soltanto i detenuti sono reclusi in questa situazione, lo sono anche i direttori delle carceri, gli agenti penitenziari, i medici, gli psicologi (quando ci sono!) e tutti gli operatori del settore più dimenticato e difficile dell'intera società italiana. Pannella ha parlato anche di "una situazione letteralmente senza precedente nella storia delle democrazie, anche se ridotte a "democrazie reali". Da più di trent'anni combattiamo per una amnistia generalizzata che possa immediatamente salvare la giustizia e consentire ai magistrati italiani di rientrare nella legalità. Su questo punto e sull'attuale disfacimento dello Stato di diritto, Marco ha scritto una lettera o un documento alle massime cariche istituzionali e di garanzia. Torna alla mente quanto ha scritto il direttore Arturo Diaconale nel suo articolo di fondo dell'alto ieri: "Berlusconi passa, i problemi di una giustizia che non funziona restano. E presto o tardi dovranno essere affrontati e risolti". I Radicali lo ripetono da anni. Forse è anche per questo motivo che non hanno voce dai vari Santoro e Floris televisivi.
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