«Non voglio ladri» Parola di Matilde

Dalla Rassegna stampa

Non voglio ladri, io». Centoventisette anni dopo, è incredibile l’attualità dell’invettiva che Matilde Serao, giornalista, scrittrice, prima donna italiana a fondare e dirigere un quotidiano, lanciò ne Il ventre di Napoli qualche tempo prima delle locali elezioni amministrative. Certo, il «cattivo odore di stantio» era allora emanato da partiti che non esistono più. Ma come non riconoscere le stesse incoerenze? «Vi sono dei cattolici che sono italianissimi; vi sono degli anticlericali che sono credenti, vi sono dei clericali che sono democratici; vi sono dei democratici che sono imperialisti; vi sono dei liberali che restaurerebbero la pena di morte; vi sono dei repubblicani autoritari e assolutisti; vi sono dei socialisti che adorano il Re; vi sono dei radicali perfettamente monarchici...». Tutti uguali? No, rispondeva quella giornalista straordinaria. Proprio per nente: «... a me importa poco che vadano al Consiglio comunale dei clericali, dei borbonici, dei moderati, dei liberali, dei democratici, dei socialisti, o degli anarchici: tutto ciò mi è indifferente. Io voglio degli uomini onesti: io voglio delle coscienze sicure: io voglio delle anime austere. Le loro opinioni politiche non mi riguardano: solo i loro sentimenti morali m’interessano. Non voglio ladri, io, al Comune; e per ladri non intendo solo quelli che si mettono in tasca il denaro mio, il mio povero e scarso denaro, ma tutti quelli che aiutano i ladri miei o che permettono, chiudendo gli occhi, che mi si rubi. Non voglio, al Comune, né affaristi, né compari di affaristi, né rappresentanti di affaristi, né amici degli amici degli affaristi.
 «Vi sono, fra i liberali, degli onestissimi uomini? Io lo vedrò, io avrò fede in loro, quando avrò veduto e saputo: e io manderò al Comune questi liberali onestissimi. I clericali non amano Roma capitale, non vogliono festeggiare il venti settembre, s’irritano di dover riverire il Re: ma sono onesti? Io voterò per essi, poiché la loro probità mi affida; e, più tardi, penseranno essi a non urtare i miei sentimenti d’italianità. I socialisti sono violenti, sono intemperanti, spesso utopisti: ma sono onesti e vogliono il trionfo della onestà, lo vogliono con tutte le loro forze, come io lo voglio? Io voterò per essi (...). Io voterò per chiunque mi risulti, in faccia al sole, che egli sia un galantuomo. Un galantuomo può sbagliare, ma non può tradirmi, un galantuomo può errare, ma non può vendermi. Di fronte al mondo che conobbe le mie lunghe sciagure (...) io debbo, ancora una volta e, adesso, più che mai, dimostrare che le mie sciagure mi venivano da ben pochi infami miei figliuoli, che il covo non era che una piccola tana di sporchi rosicanti, che io ho migliaja e migliaja di cittadini onesti e buoni e che, fra queste migliaja, io posso, io voglio scegliere ancora una volta, gli onesti che mi debbono amministrare». Qualunquismo? Ma per favore...

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