Non solo piante

Mi sia consentito per una volta far parlare - attraverso questa colonnina - chi sostiene una causa che a me pare laica e condivisibile. Si tratta di etica biologica. Il Comitato scientifico equivita (già Csa, Comitato scientifico antivivisezionista) ha chiesto ai suoi sostenitori di sottoscrivere una lettera, indirizzata alla Commissione e ai parlamentari europei, in cui si denuncia la consuetudine recentemente invalsa nell'Epo (Ufficio europeo dei brevetti) di rilasciare brevetti anche su piante e animali riprodotti con metodi detti convenzionali. Questi brevetti infrangono la Convenzione europea del brevetto (art. 53b) in quanto concessi su piante "riprodotte con procedimenti essenzialmente biologici", La lettera chiede inoltre la revisione della direttiva europea 98144, detta "dei brevetti sul vivente". Il Comitato scientifico equivita è capofila nel movimento europeo contro la privatizzazione del vivente, la lettera rilancia l'appello della coalizione "No patents on seeds", di cui fa parte.
L'appello si fonda anche - afferma il Comitato - su una sentenza del giudice federale statunitense Sweet del marzo 2010: "Testimoniando un'inversione di tendenza nella legge brevettuale degli Stati Uniti, Sweet aveva chiesto il ritiro di due brevetti su geni umani (BRCA1 e BRCA2, associati al cancro al seno) in quanto essi sono un 'prodotto della natura"'. Una sentenza della Corte d'appello americana dello scorso luglio, riconoscendo invece la validità di questi brevetti, ha ristabilito la corrente di pensiero precedente, "un pensiero che nega il valore intrinseco della vita (l'essere vivente viene assimilato a una macchina) e allo stesso tempo frena il libero sviluppo scientifico attraverso la privatizzazione e la monopolizzazione della conoscenza". Inoltre l'Epa, che avrebbe dovuto da tempo emettere una sentenza (promessa) sul "caso giuridico" del broccolo e su quello dei pomodoro, per stabilire formalmente se le piante riprodotte con procedure convenzionali possono essere brevettate oppure no, ha continuato a infrangere la Convenzione europea concedendo nuovi brevetti su piante riprodotte con "procedimenti essenzialmente biologici". Sostiene il Comitato: "Siamo coinvolti in una guerra che rischiamo di aver perso prima ancora di averne preso conoscenza. È la guerra dei brevetti sulla materia vivente, che privatizzano, per fini commerciali, ciò che da sempre costituisce il patrimonio più importante dell'umanità: piante, animali e parti dello stesso corpo umano (ad esempio i geni e l'embrione)". Si tenga presente infatti che le piante ogm, a differenza di quelle tradizionali, sono proprietà privata, di imprese che ne detengono gelosamente il monopolio: "I brevetti concessi sulla materia vivente stanno poco a poco mettendo in mano a un pugno di multinazionali il controllo di tutto quanto è, sul nostro pianeta, vita". Una preoccupazione sensata Mi pare una preoccupazione sensata. Così come mi pare sensato deplorare, come fa il Comitato, 'l'attacco alla sovranità alimentare degli stati ' , attraverso gli 0gm, promossi e imposti in mille modi dalle multinazionali biotech e dalle autorità governative conniventi, malgrado il dissenso dei cittadini (notizie su questa strategia segreta sono state svelate da Wikileaks)". Ti limitiamo a citare - denuncia il comitato - tra le tante sentenze che non sembrano tenere conto dei dati scientifici, quella recente della Corte europea, contraria al divieto della Francia di coltivare il mais Mon8l0, in base alla "clausola di salvaguardia".
Non sono in grado di dare giudizi sulle tecniche ogm e sui loro risultati, e sono sicuro che nell'opposizione al loro impiego ci sia del pregiudizio e un allarmismo forse esagerato, Ma mi interessa la questione sollevata dal comitato: il fatto, in definitiva, che processi biologici di estrema delicatezza siano possesso incontrollato di strutture private, di enti che hanno comunque, quale ultimo motore della loro attività, il profitto. Non ho nulla contro il profitto, ma trovo quanto meno discutibile che sul suo metro vengano assunte decisioni che toccano la problematica della vita. Può un brevetto essere sufficiente per garantire la liceità sociale di una prassi dai seri risvolti etici? Il compito di accertare sulla pericolosità di una innovazione del genere non dovrebbe spettare a una autorità pubblica, e non dovrebbe essere fondato su linee procedurali emanate da un Parlamento democratico?
Molte popolazioni locali denunciano che i prodotti ogm che vengono loro smerciati siano controllati da organizzazioni agricole più orientate ai profitti che alla salute di tutti. È probabile che alla tapioca, alla manioca e ad altri prodotti indigeni di impiego millenario si sostituiranno prima o poi la farina di grano o il mais, più redditizi, ma questa mutazione - dai profondi risvolti culturali - dovrebbe avvenire non in modo violento e impositivo. Amartya Sen va da tempo predicando che la crescita economica debba passare attraverso l'introduzione di forme di governo democratiche: dove non c'è democrazia non c'è sviluppo reale. Questo dovrebbe valere anche per il settore delle biotecnologie.
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