Non solo Mafia

Dalla Rassegna stampa

Il processo di «sicilianizzazione» della mafia calabrese ha fatto registrare un altro picco con la bomba contro la casa del pg di Reggio Calabria Salvatore Di Landro. La seconda volta - la prima risale a gennaio e fu preso di mira l'edificio dove ha sede l'ufficio del magistrato - che la 'ndrangheta alza il tiro in direzione della più alta carica inquirente del capoluogo. Ed è, dunque, questo il motivo della preoccupazione che ha portato il comitato per la sicurezza a decidere opportunamente il rafforzamento del livello di scorta al giudice. Ma, tra il primo e il secondo attentato, Reggio è stata teatro di tutta una serie di avvenimenti, piccoli e grandi, che oggi suggeriscono ad autorevoli osservatori di scegliere, nell'analisi di quanto sta accadendo, una «lettura complessa».
In questi termini si esprimono il procuratore nazionale Pietro Grasso e il procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone, con ciò sottolineando la difficoltà di decifrare un movimento sotterraneo - ormai costante da mesi e spesso adoperato come contraccolpo all'azione repressiva dello Stato - che sta finendo per diventare una vera spina nel fianco dell'apparato investigativo. Lo stesso Di Landro, prima del «botto» dell'altra notte, era stato vittima di un sabotaggio alla propria auto di servizio. Ma altri «avvertimenti» erano stati riservati allo stesso procuratore Pignatone (lettera con proiettili), a diversi investigatori e a qualche giornalista particolarmente attivo. Una guerra sorda e sotterranea, dunque, che induce a intravedere una mutazione del Dna della mafia calabrese, un tempo abbastanza riluttante nel ricorrere alle «maniere forti alla siciliana».
Una guerra che il sostituto procuratore nazionale Enzo Macri definisce - con suggestiva metafora «sciame intimidatorio». Ma perché questa metamorfosi di una mafia che tradizionalmente ha sempre preferito risolvere le questioni al proprio interno, nel territorio, facendo appello al tradizionale sistema del «quieto vivere» silenzioso che fa ingrassare senza far male a nessuno? La risposta forse va ricercata nelle mutate condizioni ambientali che, da qualche tempo, non riescono più a garantire il tranquillo scorrere di una pace sociale capace di contemperare le esigenze di forze economiche, imprenditoriali, politiche, in una parola lobbistiche fino all'illegalità (mafia e massoneria deviata).
Non è casuale, perciò, che lo stesso procuratore Di Landro indichi nell'inizio della sua nuova gestione il punto di crisi da dove arriva l'ondata di violenza. In sostanza: la musica è cambiata. Intanto per l'innesto di forze nuove, sia magistrati che investigatori, giunte dalla Sicilia dopo la stagione dei successi conclusasi con la cattura di Bernardo Provenzano. E poi per la svolta impressa agli uffici della Procura generale, con la gestione Di Landro che è servita a interrompere una tradizionale «benevolenza» in sede di processi d'appello. Svolta concretizzatasi anche in modo non proprio tranquillo, se si pensa all'intervento del Consiglio superiore (il trasferimento del giudice Francesco Neri), che ha messo a soqquadro il tradizionale «andazzo» improntato alla gestione consociativa dei processi (persino con gli avvocati delle difese).
Ecco perché gli osservatori più attenti, nel commentare l'attentato della scorsa notte, sottolineano come «in Calabria ciò che accade non ha solo un movente mafioso», nel senso che non è solo la 'ndrangheta a muovere i fili. C'è una situazione di condizionamento ambientale, di collusione diffusa che può benissimo indurre a scelte cruente anche la più placida delle borghesie mafiose. Una magistratura attenta e sorda ai richiami delle sirene dai colletti bianchi può dare molto fastidio. Come dimostra una delle ultime indagini - a parte le maxiretate tra Reggio e Milano che hanno messo in crisi il brodo di coltura del riciclaggio dei soldi sporchi - che ha portato in cella Giovanni Zumbo, uno stimato commercialista, nonché perito del palazzo di giustizia col «vizietto» di riferire ai boss, i Pelle, tutte le indagini che i carabinieri stavano svolgendo. Un commercialista un po' particolare, in contatto con militari ben accetti anche negli uffici dei servizi di sicurezza.

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