Non si vedeva da anni, a Milano

La rivoluzione di Milano è stata inaspettata. Neppure il più ottimista dei fan avrebbe previsto un Giuliano Pisapia avanti di quasi sette punti su Letizia Moratti, un Silvio Berlusconi con le preferenze dimezzate, un Pdl dieci punti sotto le politiche del 2008, una Lega a quattro punti meno dell'anno scorso. Si sono sommate due crisi: quella di Berlusconi innanzitutto, che l'ha buttata in caciara (e in guerra anti-magistrati) non cogliendo che la sua stagione sta arrivando alla fine; e quella di Lady Moratti, che ai milanesi piace poco quando è se stessa, figurarsi quando recita su copione di Santanchè-Sallusti-Stracquadanio.
Ma che cos'è successo, più in dettaglio, a Milano? Il sindaco uscente ha sbagliato non soltanto la campagna elettorale, per colpa dei falchi berlusconiani che l'hanno trascinata ad alzare i toni e a sferrare colpi bassi dando del ladro d'auto e del terrorista al suo avversario. Ma ha infilato errore dopo errore anche nella costruzione della sua macchina elettorale. Malgrado l'enorme budget a disposizione. Ha messo in pista una serie di listarelle di sostegno che avrebbero dovuto, nelle intenzioni dei suoi strateghi, portarle consensi diversificati andando a raccogliere voti in segmenti specifici dell'elettorato. Ha insomma inventato a freddo dei marchi da esporre sugli scaffali del supermarket Letizia per convincere il maggior numero di "clienti" a mettere i suoi prodotti nel carrello. Il marketing non ha funzionato: "Milano migliore" 0,5 percento; "Giovani Expo" 0,2; "Pensioni e lavoro" 0,3; "Italia domani" 0,1. Per non parlare della lista Pionati o di quella di Magdi Cristiano Allam... Non si fa breccia nella società civile milanese mettendo insieme qualche decina di personaggi in cerca d'autore che faticano a raccogliere finanche il voto dei loro parenti. Tra le listarelle morattiane, soltanto "Milano al centro" (detta anche "Lista Riconoscenza") è riuscita a raggranellare qualcosa di più, un 2,4 percento. È stata costruita attorno a due assessori, Mariolina Moioli e Giovanni Terzi, che speravano di incassare il "ringraziamento" di coloro che avevano avuto a che fare con i loro assessorati (alla Famiglia, scuola e politiche sociali; e alle Attività produttive, politiche del lavoro e dell'occupazione) come fornitori o come beneficiari di servizi. Non ha avuto comunque un gran risultato (un solo eletto). Ha funzionato invece l'offerto diversificata del centrosinistra, che ha potuto riunire sotto la bandiera di Pisapia tante "passioni" diverse, dal Pd a Sel, dai dipietristi ai radicali, dai "rifondaroli" alla lista civica del candidato sindaco. Con un'offerta di candidature di alta qualità, per la prima volta dopo molte tornate elettorali. C'era davvero l'imbarazzo della scelta, questa volta, e in ogni lista si trovavano persone di valore a cui affidare volentieri il voto. Stefano Boeri, che alle primarie aveva dovuto cedere il passo a Pisapia, ha ottenuto un ottimo risultato (12.861 preferenze), prenotandosi così un ruolo (da vicesindaco?) nel caso di vittoria al ballottaggio.
Questa volta la campagna elettorale è stata fatta davvero. La sezione Pd sotto casa aveva le luci accese fino a notte tarda, piena di ragazzi al lavoro. Non si vedeva da anni, a Milano.
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