Noi in guerra? Per Frattini si. La Russa: altri 4000 uomini

AULA SEMIVUOTA
Il Lince colpito l’altro ieri da un ordigno in Afghanistan faceva parte di un convoglio di 129 mezzi e 389 uomini, 200 dell’esercito afghano, 189 militari italiani e un nucleo spagnolo per il controllo aereo, spiega La Russa nel corso dell’informativa alla Camera sull’ordigno che ha colpito i militari italiani in Afghanistan. «Fintanto che ci saranno missioni internazionali, si potrà discutere del numero dei militari da schierare, ma non delle risorse necessarie a garantire loro il massimo della sicurezza». La Russa annuncia che il nuovo veicolo blindato Freccia «verrà presto immesso nel teatro afghano»: si tratta di «un mezzo di tipo e concezione diversi, capace di offrire una protezione balistica e anti-mina di livello molto elevato; un mezzo più massiccio, un po’ meno veloce ma che indeterminate condizioni offre più sicurezza del Lince».
Parla ai deputati, La Russa, perché il super ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, intenda... Il titolare della Difesa definisce «assoluta e inderogabile» la necessità di «mantenere l’insieme delle dotazioni e degli equipaggiamenti a disposizione del nostro contingente ai più elevati livelli qualitativi per rispondere alle esigenze di maggiore sicurezza in relazione ai potenziali rischi del teatro afghano».
Per questo motivo, rimarca La Russa, occorre «aggiornare i sistemi di difesa alla minaccia attuale e a quella ipotizzabile in futuro».
FRONTE INTERNO
Nel pomeriggio, il ministro replica al Senato. E apre un fronte interno: «Chi oggi parla in maniera strumentale di un’azione nostra che va bloccata non fa altro che dare la mano, oggettivamente e forse inconsapevolmente, ai terroristi, tuona il titolare della Difesa. «Lo scopo dei terroristi - aggiunge, parlando del sanguinoso attacco dell’altro ieri - sarebbe dovuto essere quello di bloccare i rinforzi, invece non ci hanno neppure provato, hanno pensato solo di incidere sul morale. Cercano di minare la volontà dei popoli e dei governi e per questo dico che ogni nostra indecisione, ogni nostra debolezza finisce per aiutare i terroristi». Il j’accuse del ministro è inarrestabile: «Il nostro impegno è più forte che mai. E mi rivolgo agli infami, vigliacchi, aggressori. Ma anche alle orecchie che hanno qui in Italia», scandisce il titolare della Difesa. «Il ministro La Russa è un guerrafondaio da quattro soldi. Il suo è un tipo di propaganda che ricorda quella di qualcuno che, pur sapendo che stava per perdere la guerra, dalla finestra di piazza Venezia raccontava balle», ribatte il presidente dei senatori dell’ Italia dei Valori, Felice Belisario. «Se il ministro La Russa annuncia l’invio in Afghanistan di mezzi e strumenti più adeguati vuol dire che quelli di ieri non lo erano?». «Peccato, poi, che il ministro venga in Parlamento solo quando ci sono dei caduti. Avevamo chiesto un dibattito generale sulla missione, che va confermata, ma rivista», rileva la vice presidente del Senato, Emma Bonino.
IMPEGNI INEVASI
«Da oltre un anno il ministro La Russa continua a promettere,purtroppo in concomitanza di eventi drammatici, l’invio di mezzi adeguati alla protezione dei nostri reparti, in particolare dei ruotati da 30 tonnellate Freccia. Purtroppo sono state promesse che non potevano essere mantenute visto che il primo vero test operativo di questi mezzi è avvenuto a Capo Teulada lo scorso dicembre. Quando si tratta della vita dei militari lo scarto tra volere e potere nelle decisioni della politica può essere micidiale. I tagli di questi due anni, poi, stanno avendo i loro effetti, il governo ora si assuma le responsabilità del caso e faccia il suo dovere per assicurare la sicurezza dei nostri soldati in teatri tanto difficili. L’opposizione farà la sua parte ma certo non volterà la testa facendo finta di non vedere la condotta approssimativa e inadeguata dell’esecutivo in questo come in tanti altri settori», incalza Emanuele Fiano, responsabile sicurezza del Pd.
Mentre in Parlamento si polemizza, a Camp Arena, Herat, il quartier generale dei militari italiani in Afghanistan, i nostri soldati in lacrime danno l’ultimo saluto al sergente Massimiliano Ramadù, 32 anni, e al caporalmaggiore Luigi Pascazio, 25 anni, uccisi a bordo di un Lince. Li hanno vegliati per tutta la notte nella camera ardente,poi c’è stata la messa e, infine, l’imbarco sul C-130. E l’abbraccio più sentito, vero, a Massimiliano e Luigi.
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