No, coi pro vita non si può

No, coi pro vita non si può. Fabio Fazio e Roberto Saviano, un po’ offesi, dicono che non ci stanno, a lasciare i microfoni di "Vieni via con me" a chi vorrebbe raccontare esperienze molto diverse da quelle spiegate due settimane fa da Beppino Englaro e Mina Welby, guerrieri del diritto a morire e dell’eutanasia di stato. No, coi pro vita non si può, ripetono quindi Fazio e Saviano, anche di fronte all’ordine del giorno del cda Rai che ieri dava parere positivo a una replica chiesta dalle associazioni pro vita. Acconsentire sarebbe ammettere di essere pro morte, e insomma, questa trasmissione non è un albergo, non si può dare diritto di replica a chiunque. Verissimo. Ed è triste che la voce di chi crede che la vita dignitosa sia la vita umana e basta debba elemosinare odg del cda Rai e pezzetti di un palcoscenico ostile. Bisogna capirli, Fazio e Saviano. Che c’entra, con il loro varietà conformista e piagnone messo su con tanta oculatezza, la parola di chi spiegherebbe scelte molto diverse, di chi racconterebbe delle concrete vite di concrete persone bisognose di tutto e accudite in silenzio da chi le ama? Non sarebbe una brutta macchia su quel manifesto da "united colors of euthanasia", la figura di Mario Melazzini, malato di Sla indecentemente convinto di voler "godere ogni minuto del miracolo di essere vivo"? Oppure di Fulvio De Nigris, che con la sua Casa dei Risvegli combatte da anni in nome di tante famiglie (più di tremila) che in Italia curano congiunti in stato di totale disabilità e faticano sempre a farsi ascoltare? Bene. Lasciamo in pace "Vieni via con me", e la Rai trovi per Melazzini e De Nigris altri e più umani palcoscenici.
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