Nigeria, proclamato lo stato d'emergenza

Dalla Rassegna stampa

Nel tentativo di contrastare le violenze della setta integralista islamica Boko Haram il presidente nigeriano Goodluck Jonathan ha decretato lo stato d'emergenza in alcune aree del Paese e ha deciso la chiusura delle frontiere con il Camerun, il Ciad e il Niger. Inoltre ha inviato l'esercito e i carri armati a pattugliare le strade di Maiduguri, divenuta roccaforte del gruppo fondamentalista che vanta analogie con i talebani afghani. L'anno nuovo per la Nigeria è comunque cominciato con una strage (oltre 50 morti) che però non avrebbe connotazioni interreligiose bensì tribali. «Più di 50 persone sono rimaste uccise - ha comunicato un portavoce del governo dello stato sud-orientale di Ebonyi - quando un gruppo di abitanti della comunità di Ezza ha attaccato gli appartenenti alla vicina comunità di Ezilo in seguito a una disputa per il possesso di alcuni terreni», la cui proprietà è contesa dalle due etnie dal 2008. Secondo la polizia, i morti sarebbero una quarantina «anche se - ha precisato portavoce John Elu - non possiamo avere un'idea precisa perché molti corpi sono stati trovati fatti a pezzi nella boscaglia».

Sanguinosi scontri interetnici sono frequenti in Nigeria, soprattutto tra allevatori (nomadi) e contadini (stanziali).

Ma negli ultimi tempi la stabilità del Paese (primo produttore di petrolio in Africa) è minata soprattutto dalle violenze attribuite agli integralisti islamici di Boko Haram. Il gruppo ha rivendicato una serie di attentati che hanno colpito alcune chiese cristiane in occasione della messa di Natale, causando più di 50 morti e decine di feriti.

Proprio in seguito a questi attacchi il presidente Jonathan ha decretato ieri lo stato d'emergenza in vaste zone del nord e del centro del Paese (Stati di Yobe, Borno, Plateau e Niger) ed ha annunciato la chiusura delle frontiere nelle regioni più colpite dalle violenze, chiedendo ai Paesi confinanti (Niger, Ciad e Camerun) maggiori - «controlli sulle attività terroristiche transfrontaliere».

Si tratta di disposizioni che aumentano il potere della polizia e dell'esercito e che molti temono possano essere usate per violare impunemente i diritti umani. «È come mettere in mano agli agenti, per motivi di sicurezza, un assegno in bianco con il permesso di violare ogni diritto civile - ha commentato un militante del nord-est - Il dialogo è l'unica buona opzione per porre fine allo spargimento di sangue».

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