Nichi sul filo del rasoio

Dalla Rassegna stampa

Matrimonio, matrimonio. Duettando con Rosy Bindi ospite in casa Pd, Nichi marca il territorio – il suo, che però alla fine è anche quello di una certa fetta di democratici – senza se e senza ma: «L’agenda dei diritti sociali e civili va scritta insieme. Ma io non voglio stare in un acronimo (riferimento ai peraltro affondati Dico, ndr). A 54 anni voglio dire che mi voglio sposare con il mio compagno».
Sancito il patto con i dem e la svolta governista alla recente assemblea nazionale di Sel, dove ha sostenuto il diritto a definire «un’agenda di governo fuori da ogni massimalismo e dentro «mediazioni » che non siano però «compromessi al ribasso », il Vendola convinto di potersi giocare la partita della depurazione del centrosinistra – leggi Pd – dal montismo «che ha utilizzato il paradigma dell’emergenza per imporre politiche recessive e pro-cicliche » sente soffiare il sentimento che spira dalla base. Fra cui albergano non pochi malumori per quella che uno dei malpancisti definisce «la direzione sbagliata», in un intervento pubblicato sul sito del settimanale gli Altri, che sulla vexata quaestio ha addirittura titolato l’ultimo numero in edicola (Nichi, non farlo).
E così puntualizza, precisa, rilancia. Terreno d’elezione, i diritti (D’Alema non gli risparmia un commento dei suoi: «Se parlasse meno dei matrimoni gay e di più di come governiamo assieme la Puglia farebbe una cosa più popolare»).
Ma anche su Casini Nichi non va tanto per il sottile. E fa sapere che con l’Udc non si può governare: «Anzi, sono certo che un patto elettorale con i centristi ci farebbe perdere voti». Un balsamo per i nervi scoperti di quanti, nel suo partito, non hanno intenzione di turarsi il naso trovandosi, in nome del patto con il Pd e dell’approdo al governo, troppo vicini al cattolico «conservatore» Casini e troppo lontani da Di Pietro. Da quell’orecchio Bersani non ci sente. Vendola però sarà alla festa Idv di Vasto, provando a tenere aperto uno spiraglio («lavoro per ricucire») anche se sugli attacchi dipietristi al Quirinale non ha avuto esitazioni, prendendo le distanze dall’ex pm con cui dava l’idea di procedere d’amore e d’accordo.
Annusando dunque i maldipancia della base, da qualche giorno il leader di Sinistra e libertà marca il territorio a sinistra, lanciando ai suoi più di un segnale che prova a rassicurare: al governo, ma senza stemperare la propria identità. Vendola sa di percorrere una strada stretta che, per quanto approvata con ampia maggioranza in assemblea nazionale, scatena nei suoi dubbi e scetticismi, a cui in parte ha dato voce il documento Gianni-Bandoli (8 voti su 157) e che troveranno un momento di precipitazione nell’incontro degli autoconvocati – militanti e simpatizzanti – del 30 settembre.
Si legge nel documento che lo convoca: «Il nodo di un alleanza larga, plurale, rinnovata dunque di un rapporto con il Pd e il suo insediamento sociale resta un dato qualificante ». Il punto, però, è l’appoggio dem al governo Monti «come premessa a una collocazione di lungo periodo del Pd in un quadro moderato». Sel può e deve cimentarsi con il governo «senza rinunciare ai propri contenuti».
Quelli degli Altri simpatizzano. E a Nichi non le mandano certo a dire. Alla festa democratica di Reggio Emilia Vendola ha proposto la candidatura di Prodi al Quirinale? Ieri sul sito del settimanale Patrizia Sentinelli firmava l’articolo di apertura: «Il ripensamento di Vendola e le lodi a Prodi. Ma quanto ci “costa” l’intesa col Pd!».

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