Neppure il Pdl salva il Pd dai guai

Dalla Rassegna stampa

Un grande partito di opposizione, che fosse pure un normale partito, sarebbe da settimane unito, per godersi le disgrazie della maggioranza. Il Pd è certo un partito di opposizione, ma non un normale partito. Non subisce drammi al livello di quelli in cui si dibatte il Pdl, ma s'impegna alquanto per emularli. Da un po', dopo ogni riunione degli organi di vertice democratici è approvato un documento all'unanimità. Bene, diranno i tifosi. Tutti d'accordo: veltroniani e popolari e dalemiani, Bindi e Bersani e Letta e ogni titolare di un seguito personale, di una corrente, di un gruppo.
Peccato che, regolarmente, all'unanime votazione seguano, nei giorni o nei mesi successivi, le più complete non solo distinzioni, bensì divisioni su quanto stabilito. Il Pd decide, unanime, di puntare sul sistema proporzionale a doppio turno? Come mai, allora, tanti discettano a favore del metodo tedesco? E quelli che invece vogliono ripristinare il mattarellum?
Si parla di alleanze. Senza scendere in dettagli, le posizioni più varie e anzi opposte emergono quando si tratti di assumere una decisione sul possibile sodale: comunisti, vendoliani, radicali, dipietristi, centristi, finiani... C'è chi vorrebbe, di fatto, l'antica Unione, magari ampliata al centro, e chi propenderebbe per eliminare tutti i partiti della sinistra per puntare su Casini. In mezzo, non c'è che il problema di elencare i possibili alleati. Tutti sono a sostegno del segretario, a parole. Non è stato eletto tanti anni fa, e giunge terzo nella brevissima vita del Pd. Però, molti si agitano per le primarie, non puntano sul segretario come candidato, parlano di esterni. Addirittura, si ventilano scissioni, e non da una sola parte, giacché se ne discute per gli ex popolari come per i veltroniani. Questi ultimi hanno perfino parlato di gruppi parlamentari autonomi. Berlusconi ha le sue rogne, ma il Pd gliele allevia.

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