Nelle riforme l'antidoto alla violenza

Uno dei romanzi più belli del `900 è La montagna incantata di Thomas Mann. L`ho letto tanti anni fa, ma è difficile dimenticare le pagine in cui l`autore delle Considerazioni di un impolitico e di Federico e la Grande Coalizione, descrive i giorni che precedettero la Grande Guerra, giorni in cui si avvertiva palpabile la voglia di fare a botte, in cui si sentiva un pruder delle mani e un istinto che si gonfiava per mille rivoli dì aggressività. Se è sempre sbagliato fare i profeti, è però giusto mettere in guardia contro i rischi, insomma cercare di prevedere, prima che curare. Perché nell`aria, in Italia, si avverte esattamente qualcosa di simile alla descrizione di Thomas Mann, una voglia di stare in prima fila, di alzare i toni, di mettersi in gioco, di passare alle vie di fatto. Le piazze e le strade sono in agitazione, indipendentemente dal colore, viola, rosso o arancione che sia. C`è un`atmosfera nuova e diversa che si respira e l`aggressione a Silvio Berlusconi deve essere interpretata esattamente in questo clima. Non importa che l`attentatore sia uno psicolabile che ha agito da solo. Ciò che conta, politicamente, è il fatto. L`immagine di Berlusconi sanguinante in volto testimonia di per sé una svolta nella politica italiana, come anche le contestazioni subite in diretta, anche qui qualcosa di inedito. Le scuole vengono occupate, gli studenti universitari manifestano, gli operai licenziati si agitano, c`è in certi settori della società civile un malumore diffuso, che qualcuno tenta di cavalcare. Segnali diversi arrivano nelle centrali informative. Non è un caso che si fosse accennato in anticipo al rischio che qualche mitomane compisse qualche gesto sconsiderato. Sarebbe dunque opportuno, anzi necessario, giusto, urgente, che da tutte le parti politiche, in questo momento, si cercasse di fare, come si dice, un passo indietro. Partendo dall`accettazione di un dato che in ogni paese civile viene considerato ovvio e scontato: che chi ha vinto le elezioni, quale che sia il meccanismo elettorale in funzione, governa. C`è un vizio atavico, in questo paese, quello di fare la guerra ai governi in carica nella speranza di farli cadere domani. In tal modo si evita di riflettere, di studiare, di organizzare al meglio una proposta politica alternativa per le elezioni successive. Non è soltanto un vizio della sinistra, perché ricordiamo tutti le idee di "spallata" di Berlusconi al governo Prodi, il quale tuttavia era debole, diviso, incerto, tanto che cadde quasi da sé, anche se con l`aiutino di un avviso di garanzia. Ma il governo Berlusconi è un governo che ha una grande maggioranza in Parlamento e l`opposizione farebbe bene a partire da lì, accettando quindi il dato di fatto della legale durata del governo. Rinunciando alle "rivelazioni" di pentiti, alle scosse, ai sommovimenti di piazza, perché alla fine si tratta solo di infime minoranze, che non si tradurrebbero in voti. Il risultato può essere soltanto uno, quello di far male al paese e quindi anche a se stessi. Ha sbagliato Casini a proporre anche lui l`alleanza di tutti contro il Cavaliere, chiamando a raccolta persino Di Pietro, che non ha perso l`ultima buona occasione per tacere, dopo l`aggressione a Berlusconi. Si è parlato addirittura, da parte di Dario Franceschini, di un "Comitato di liberazione nazionale", quasi che si trattasse di cacciare un invasore dal suolo patrio. Alla fine, se dovesse venir fuori qualche testa calda che comincia a gambizzare tizio o caio perché "collaborazionista", "servo del nemico" o "del padrone"; i primi responsabili sarebbero proprio loro. Non si dimentichi, d`altro canto, che la sinistra estrema non ha rappresentanza parlamentare e questo gioca tanto più a favore di una deriva del paese verso giorni turbolenti e di violenza. Per questo i vecchi comunisti che sono oggi nel Partito democratico hanno un dovere in più rispetto ai neofiti della politica, quello di impedire questa deriva e di entrare in un gioco politico di dialogo e di compromesso sulle cose fattibili e non, ovviamente, sui massimi sistemi. Un appello che rivolgerei anche volentieri ai radicali di Pannella e Bonino. C`è un solo modo per allontanare lo spettro della violenza e recepire l`invito alla prudenza indirizzato alle parti politiche da Giorgio Napolitano, quello di aprire subito un tavolo - come si dice - aperto a tutti, maggioranza e opposizione, sulle riforme istituzionali e costituzionali, mettendo da parte i nomi e le contingenze e pensando alla sostanza politica e alla durata delle soluzioni, in nome della civile convivenza, del rispetto dei diritti di tutti, del benessere della nazione. Risolvendo la questione del dovere-diritto di governare; ridando fiducia alla magistratura affinché svolga i suoi compiti con efficacia e senza le luci della ribalta; cambiando la Costituzione dove deve essere cambiata, dai poteri del premier all`abolizione del bicameralismo perfetto, dalla riforma federale dello Stato alle competenze regionali e così via. Naturalmente, è anche da parte della maggioranza che va fatto qualche passo indietro, per esempio proprio sul tema delle istituzioni. Sarebbe opportuno che uno dei nòccioli duri della destra, il senso dello Stato, tornasse ad essere il cavallo di battaglia della maggioranza e del Pdl, rifiutando a priori ogni tentazione populista ed anche una pericolosa disattenzione per il ruolo delle idee, disattenzione che vedo emergere dal ritorno annunciato a Milano di personaggi come la Santanchè. Recepire le indicazioni e i suggerimenti di chi da tempo invita a al confronto leale, interno ed esterno, e alla moderazione dei toni sarebbe da questo punto di vista salutare e vitale per il Pdl, al quale è doveroso chiedere anche una maggiore volontà di confronto oltre le questioni relative alla persona del premier, al quale rivolgiamo i nostri migliori auguri ed esprimiamo tutta la nostra solidarietà.
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