Napolitano: "Riforme nel rispetto della Carta"

Fischi per la Moratti, ma anche per Bersani, in una piazza simbolica come Milano dove il 15 maggio andrà in scena «un test politico nazionale», per dirla con Pannella; fischi di sbarramento al ministro La Russa prima del suo intervento all'altare della Patria a Roma; il premier volutamente assente dalle solenni celebrazioni del 25 aprile, chiuso nel suo buen ritiro in Sardegna. E il presidente della Camera Fini, volato in Afghanistan per indossare una tuta mimetica e parlare di fronte alle telecamere ai nostri soldati schierati ad Herat. È la fotografia di una giornata di festa nazionale con la politica e le sue massime istituzioni plasticamente divise e lontane l'una dall'altra. E con il Capo dello Stato a far da collante per cercare di riportare il sereno dove invece regna tempesta.
Non è infatti passato inosservato al Colle il florilegio di proposte di legge fiorite la scorsa settimana dalle fila del Pdl con l'intento di scardinare anche il tabù della prima parte della Costituzione, così come non può non destare preoccupazione il clima di scontro all'arma bianca con cui si combatte la campagna elettorale. E quindi con un discorso a spigoli smussati, ma chiaro nel messaggio, durante la cerimonia all'altare della Patria con Schifani, Maroni e La Russa, il capo dello Stato ricorda che la Carta può esser riformata, ma «con la serietà che è doverosa e senza mettere in forse punti di riferimento essenziali in cui tutti possono riconoscersi. E senza mettere in forse quei principi e quella sintesi dei diritti di libertà, dei diritti e dei doveri civili, sociali e politici, che la Costituzione nella sua prima parte ha sancito». Da qui il richiamo allo spirito unitario che animò la Costituente e al «senso di responsabilità nazionale» che deve pervadere la ricerca di riforme condivise. Ci vorrebbe dunque «una rinnovata capacità di coesione, nel libero confronto di posizioni e di idee» analoga a «quella consapevolezza che abbiamo sentito esprimersi nelle celebrazioni - del centocinquantenario - lo scorso marzo». Purtroppo poi «sono seguite settimane di aspre tensioni nella vita istituzionale, anche per l'avvicinarsi di normali scadenze elettorali. Ma è interesse comune che le esigenze di competizione in vista del voto non facciano prevalere una logica di acceso e cieco scontro». Così come «è nell'interesse comune che dal richiamo di oggi, 25 aprile, agli anni della Resistenza, della ricostruzione democratica e del rilancio economico, sociale e civile dell'Italia, dal richiamo a quelle grandi prove di impegno collettivo, venga lo stimolo a tener fermo quel che ci unisce e deve unirci come italiani. Parlo del lascito della Resistenza, dell'eredità di quell'assemblea costituente che sull'onda della Liberazione nacque insieme con la Repubblica».
Anche il ministro dell'Interno sostiene che «vanno condivisi i valori espressi dalla guerra di Liberazione, senza demonizzazioni inutili e dannose, per realizzare le riforme che servono a completare la transizione verso un'Italia più unita e solidale». Ma per paradosso, dopo l'appello di Napolitano, i due poli si mettono a litigare proprio sul Colle, cui ambirebbe, secondo Bersani e «con un'ipotesi da brivido», proprio Berlusconi. Che a detta dei suoi, invece, non ha tra i suoi obiettivi il Quirinale, perché «il piano - spiega Cicchitto - è riuscire a vincere le elezioni del 2013 con una maggioranza fatta da Pdl e Lega».
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