"Napolitano non può cacciarmi"

Dalla Rassegna stampa

È terrore vero. Berlusconi ora ha paura del voto anticipato. Una paura nera che è emersa anche ieri nelle sue concitate parole al telefono con Maurizio Belpietro, trasmesse da Mattino Cinque. Un colloquio durante il quale ha sentito la necessità di sottolineare che "Napolitano non pensa a sciogliere le Camere", come invece da giorni i palazzi della politica fanno rimbalzare senza smentite credibili. Lui giura che il capo dello Stato glielo avrebbe "garantito"; finché "c’è un governo che governa e una maggioranza che lo sostiene, non esistono ragioni per sciogliere il Parlamento". E comunque, quasi a rassicurare più se stesso che l’uditorio, ha ribadito che "la Costituzione prevede il mio consenso senza una formale crisi di governo, per interrompere anticipatamente la legislatura". E lui, sottinteso, non lo darà mai.
 
Ma la situazione precipita. E Silvio teme il peggio a breve. Quell’oceanica manifestazione di piazza, che ha visto più di un milione di donne in giro per l’Italia andargli ad urlare in faccia "dimettiti" è stato il segnale che risalire la china del consenso nell’opinione pubblica nel giro di poco sarà difficile, se non impossibile. D’ora in poi, insomma, si assisterà alla stentata resistenza di un governo che come priorità si porrà soltanto di approvare rapidamente le leggi ad personam, mentre in Parlamento si conta a far lievitare l’asticella della compravendita fino a quota 325. Con Calderoli che però si è affrettato ad alzare ulteriormente il livello del traguardo, della "zona salvezza", a 330. Un obiettivo minimo per poter modificare la composizione delle commissioni "chiave". Altrimenti? Il voto, ovvio. Anche la Lega, dunque, vede avvicinarsi il momento delle scelte definitive. Maroni è l’avanguardia, Tremonti osserva con interesse da non troppo lontano. Berlusconi, però, punta su due elementi "in divenire", ossia la "progressiva e inevitabile frantumazione di Fli" ("irricevibile" la richiesta di dimissioni congiunte lanciata da Fini) e il fatto che, a breve, anche Pannella si convincerà a spostare i suoi cinque radicali in orbita della maggioranza in nome di chissà quale promessa al vento di Silvio.
 
La quota a 325, comunque, gli consentirà già di approvare senza patemi d’animo e ponendo inevitabili voti di fiducia, il processo breve (con inserimento di prescrizione breve come suggerito da Maurizio Paniz) e l’ultima trance del ddl intercettazioni. Per la fine d’aprile l’intero pacchetto delle nuove leggi ad personam potrebbe essere varato. A meno che Napolitano non si metta ancora di traverso con la firma finale. E questo, per Silvio, è ora il timore più grande. Il Quirinale, dunque, è diventato ora un nemico. Ma di certo non l’unico. Oggi a Milano, la richiesta di giudizio immediato per corruzione nei confronti del Cavaliere potrebbe costituire un’ulteriore accelerata nel piano inclinato che porta verso le elezioni anticipate. Difficile però prevedere una data certa. Per andare alle urne a maggio bisognerebbe sciogliere il Parlamento entro marzo e questo sembra difficile, mentre appare più probabile il periodo autunnale. "Ma a quel punto - dicono nel Pdl - i parlamentari di tutti gli schieramenti si inchioderanno alla poltrona; vendendo ormai quasi raggiunta la data della pensione sicura (scadenza 2012), faranno di tutto per non far chiudere la legislatura prima del tempo".
 
Il premier gioca anche su questo, sul tempo che scorre. E che, però, erode anche i consensi. I sondaggi degli ultimi giorni hanno disegnato un quadro da incubo per il Cavaliere. Un consenso che oscilla tra il 30 e il 26% (mai stato così basso nelle percentuali della fedele Ghisleri) e che mostra segni terribilmente negativi anche nelle intenzioni di voto. Intanto in un’intervista a La Padania in edicola oggi, il segretario del Pd Pier Luigi Bersani apre alla Lega: "Facciamo un patto per il federalismo, un patto tra forze popolari" per cambiare l’Italia. Il progetto che i Democratici offrono a Umberto Bossi è quello di "guardare oltre Berlusconi e nel contempo preservare la prospettiva autonomista". Per dimostrare la buona volontà l’apertura parte da Maroni: "So che la Lega non è razzista e appoggeremo Maroni nella sua richiesta di maggiore condivisione europea di fronte all’emergenza in Nord Africa".

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