Napolitano, Monti: quando le istituzioni suppliscono al vuoto della politica

Non solo il disegno di legge anti-corruzione. Lo scenario che si apre è più ambizioso e prevede un'offensiva legalitaria di ampio respiro contro l'intera gamma degli sprechi riuniti sotto il titolo «costi della politica».
Gli strumenti possono essere di varia natura: il decreto legge, il disegno di legge, persino la legge costituzionale visto che si dovranno toccare ambiti di spesa su cui le regioni esercitano la loro potestà (il che conduce a ripensare alcune prerogative, appunto costituzionali, di cui le stesse autorità regionali hanno fatto cattivo uso).
Ma la sostanza è chiara: c'è un nesso ideale fra le nuove norme anti-corruzione (richieste con insistenza dall'Europa, ricordava ieri il capo dello Stato) e l'esigenza di rifondare un sistema politico-amministrativo che si è rivelato al di sotto della soglia minima della decenza. Un tema porta all'altro e se il governo Monti andrà fino in fondo contro la corruzione, superando di slancio le resistenze del Pdl, dopo non potrà fermarsi: sarà suo dovere e sua precisa responsabilità sfruttare la «finestra di opportunità» aperta dallo scandalo del Lazio per completare o almeno avviare in concreto quell'opera di risanamento morale che i partiti non si sono nemmeno sognati di affrontare.
Non è un caso se la Conferenza delle regioni si è affrettata a presentare ieri una sua proposta di tagli e risparmi, peraltro apprezzata dal presidente della Repubblica. L'organismo di coordinamento ha colto il pericolo mortale costituito dal caso Fiorito e dintorni: perché ormai è in gioco la stessa autonomia regionale e i presidenti preferiscono giocare d'anticipo anzichè dover piegare la testa di fronte all'attacco del governo centrale. Lo stesso governatore pugliese Vendola, non a caso, è corso ad autoridursi lo stipendio di 50mila euro annui.
Si dirà che tutto questo dinamismo è tipico delle giornate difficili, ma poi, quando le acque si saranno calmate, le riforme annunciate torneranno nel cassetto. Magari accadrà anche stavolta, eppure c'è una significativa differenza rispetto a casi precedenti. Oggi l'iniziativa è nelle mani del binomio Napolitano-Monti. Presidente della Repubblica e presidente del Consiglio si muovono in sintonia, come è capitato spesso nell'ultimo anno. Ed è un'azione congiunta imposta dalle circostanze, dal momento che il danno al profilo dell'Italia in Europa indotto dai recenti scandali è incalcolabile.
Quanti, nelle cancellerie dell'Unione e oltre Atlantico, vedono con diffidenza il ritorno dei politici sulla scena pubblica italiana, si sentono confermati in tutti i loro pregiudizi. Il che rende urgente la controffensiva moralizzatrice e autorizza un certo ottimismo sul suo esito. Ma c'è un punto significativo: allo stato delle cose, le due istituzioni (Quirinale e Palazzo Chigi) svolgono di fatto un'azione di supplenza della politica.
Agiscono cioè nel vuoto di iniziativa che caratterizza quasi tutte le forze politiche. Che si sono fatte travolgere dagli scandali annunciati senza mai riuscire a sottrarsi alle macerie. Non si può pensare che questo costume cambi da un giorno all'altro. Ed ecco allora che le due istituzioni, grazie al tandem Napolitano-Monti, svolgono di fatto un ruolo politico, apprestando gli strumenti per evitare che la delegittimazione del sistema agli occhi dell'opinione pubblica sia totale. È come camminare sul ciglio di un burrone, ma è l'unica cosa da fare.
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