Napolitano a Damasco: Israele restituisca il Golan

«Siamo molto preoccupati per gli insediamenti a Gerusalemme Est e per le conseguenze che possono scaturire». Giorgio Napolitano gira lo sguardo verso Bashar Al-Assad, il presidente siriano protagonista di un nuovo corso che ha ridato qualche speranza alla diplomazia in Medio Oriente. Tra i due è appena finito un colloquio che entrambi definiscono «amichevole e approfondito» e «con molte convergenze», concentrato proprio sugli eterni dilemmi della regione. Passano poche ore, e il capo dello Stato italiano rilancia il tema nel brindisi del pranzo di gala. Dice: «Decisioni unilaterali, come la costruzione di nuovi insediamenti illegali, mettono in pericolo e minano il tentativo di riavviare i negoziati».
Parole non prive di asprezza, che ricalcano i giudizi già espressi dall'Unione Europea e soprattutto dagli Usa sulla svolta decisa dal governo di Netanyahu. Chiaro che la visione di Napolitano (affiancato nella missione a Damasco dal ministro degli Esteri Frattini) va ben oltre questo giudizio sull'ultimo strappo israeliano, rammendato a metà nei giorni scorsi. «Sono persuaso», spiega, «che la sola soluzione possibile al conflitto arabo-israeliano sia basata sulla formula due popoli due Stati. Cioè il diritto dei palestinesi ad avere uno Stato indipendente e vitale e quello di Israele a vedere la propria esistenza riconosciuta e a vivere in sicurezza». E aggiunge: «Di questo quadro fa parte la restituzione del Golan», come pure affrontare con urgenza «la gravissima situazione umanitaria a Gaza». Mentre nel contempo affida ad Assad lo sforzo di compiere qualche passo per una «soluzione negoziale del problema del nucleare iraniano».
Una linea netta, che il padrone di casa apprezza anche perché vede riconosciuta la recente strategia da lui avviata e mirata a stabilizzare l'area di suo stretto interesse, «nel pieno reciproco rispetto dell'indipendenza di Siria e Libano». Eccolo dunque ringraziare l'Italia «per la posizione sul Golan» e impegnarsi a modo suo. Con una inevitabile precondizione sulle scelte di Netanyahu: «Vogliamo una pace giusta e globale, ma questo è difficile per la mancanza di iniziative e per un governo come quello israeliano che non può essere preso come partner per colpa della sua politica di insediamenti e di violazione dei luoghi sacri». E' un vecchio
contenzioso, che per Bashar Assad si è ora drasticamente riaperto: «L'occupazione da parte di Israele dei territori arabi nel 1967 e la colonizzazione costituiscono dei pesanti ostacoli alla pace e spingono la regione verso più tensioni e guerre».
© 2010 Corriere della Sera. Tutti i diritti riservati
SU
- Login to post comments