Napolitano: chiedano l'impeachment

Dalla Rassegna stampa

 

Le critiche all'operato del Quirinale sono legittime, ma non possono sconfinare in attacchi alla persona del capo dello Stato, accusato perfino di aver violato la Costituzione. Parte da questa implicita constatazione la dura nota emessa ieri dal Colle, in replica diretta all'intervista apparsa il 15 agosto sul «Giornale» a Maurizio Bianconi, vice presidente dei deputati del Pdl. «Napolitano sta tradendo la Costituzione e smentisce se stesso, con un atto di incoerenza gravissima, dicendo no al voto anticipato e sì alla ricerca di un governo tecnico», si afferma in un passaggio dell'intervista.
Sotto accusa le affermazioni che Napolitano ha condensato in un colloquio con «l'Unità» del 13 agosto, ribadite il giorno dopo in una conversazione con il «Corriere della sera». Esternazioni nelle quali il presidente ha confessato la sua forte inquietudine per gli esiti dello scontro apertosi nel Pdl con la minoranza finiana. Netta la difesa del presidente della Camera, Gianfranco Fini, titolare della terza carica dello Stato, dalla campagna di delegittimazione messa in atto nei giorni scorsi, sfociata con la richiesta esplicita di dimissioni avanzata dal portavoce del Pdl, Daniele Capezzone. Per Bianconi Napolitano «si rimangia una Costituzione da lui stesso costituita sotto il profilo materiale». Affermazioni che il Colle giudica «avventate e gravi».
Se ne è fermamente convinto, ricorra all'impeachment, vale a dire alla richiesta di messa in stato di accusa del capo dello Stato, prevista dall'articolo 90 della Costituzione, in cui si contemplano esplicitamente le fattispecie di alto tradimento e attentato alla Costituzione (deliberate dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta). Poiché - si osserva nella nota - questa materia è regolata dalla Carta «di cui l'on. Bianconi è di certo attento conoscitore», avrebbe il dovere di assumere iniziative conseguenti. In caso contrario, le sue resteranno «solo gratuite insinuazioni e indebite pressioni, al pari di altre interpretazioni arbitrarie delle posizioni del presidente della Repubblica e di conseguenti processi alle intenzioni».
Una nota dura, secca nei toni e nel contenuto che lascia trasparire l'irritazione nel capo dello Stato per attacchi che giudica irragionevoli e immotivati. La linea del Colle resta che se vi sarà una crisi formale di governo, spetterà come da prassi al presidente della Repubblica accertare se sia o meno possibile dar vita a un nuovo governo che abbia il sostegno di una maggioranza in Parlamento. Va da sè che l'esplorazione, in prima battuta, verrebbe condotta nel perimetro dell'attuale maggioranza, in linea con il responso elettorale del 2008. Le elezioni anticipate, evocate a più ripresa da esponenti del Pdl che - ha osservato - si sono spinti fino a ipotizzare la data della consultazione tra novembre e dicembre, rientrano nella sua esclusiva valutazione, sentiti i presidenti delle due Camere come prevede la Costituzione. Si tratta di un'ipotesi estrema, e lo stesso Napolitano non ha nascosto i motivi della sua ferma contrarierà all'interruzione traumatica della legislatura nata solo due anni e mezzo fa. Vi sarebbe tuttavia obbligato, laddove - come è accaduto in occasione della caduta del governo Prodi - non fosse possibile dar vita a un nuovo governo.
Per il resto, Napolitano si conferma assai poco interessato a «scenari politici ipotetici di nessuna specie», come ha confessato ai giornalisti lo scorso 23 luglio al Quirinale. «Sono stupito perché non mi sarei aspettato una reazione così sproporzionata - è la replica di Bianconi - ma confermo quanto detto nell'intervista». Quando nacque il governo Napolitano «disse che la sua scelta era vincolante e diede un'interpretazione evolutiva della Costituzione materiale che dovrebbe valere anche nel girone di ritorno».

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