Napolitano boccia Berlusconi no al decreto sulle elezioni

Un'ora di colloquio al Quirinale con il capo dello Stato appena tornato da Bruxelles, per cercare di risolvere il «pasticcio» delle liste che ha trascinato il centrodestra nel caos più assoluto. Ma il «no comment» del Colle sulle proposte portate dal premier all`attenzione di Napolitano rivela che il colloquio non è andato come Berlusconi sperava. Anche se ieri sera per la maggioranza c'è stata una schiarita perché la Corte d'Appello di Roma ha riammesso il listino di Renata Polverini proprio mentre la candidata del Pdl concludeva con toni molto accesi la manifestazione con i suoi sostenitori a piazza Farnese. Con Letta, Maroni, LaRussa e Calderoli che lo hanno accompagnato al Quirinale, Berlusconi ha illustrato al presidente Napolitano due ipotesi di decreto per risolvere il nodo inestricabile che ha gettato nell'incubo la campagna elettorale del centrodestra. La prima soluzione sarebbe quella del rinvio delle elezioni in Lombardia (dove il listino di Formigoni rischia di essere escluso) e nel Lazio (dove però la Polverini è stata riammessa). Contemporaneamente - secondo questa ipotesi - si voterebbe anche per il Comune di Bologna terremotato dalla vicenda del sindaco Del Bono. La data possibile potrebbe
essere quella dell'11 aprile. L'altro decreto prevede la riapertura per un paio di giorni dei termini per la presentazione delle liste, in modo da sanare le irregolarità e il fatale ritardo come nel caso della lista Pdl per la Provincia di Roma. E sarebbe quest'ultima la strada a cui pensa il presidente del consiglio, che però si sarebbe scontrato con la perplessità, se non con la ferma contrarietà di
Napolitano. C'è un precedente nel '95 quando era presidente Scalfaro, ma in quel caso i termini per la presentazione delle liste non era ancora scaduti come adesso.
L'incontro al Quirinale conclude una giornata frenetica che aveva in programma anche un consiglio dei ministri notturno, che invece si farà oggi pomeriggio. Ieri sera, però, si sono riuniti fino a tardi Berlusconi e alcuni ministri tra cui il Guardasigilli Alfano, per mettere a punto un provvedimento da approvare oggi pomeriggio. Allo scopo era presente anche il consigliere giuridico della presidenza del consiglio. Berlusconi diviso fra la voglia di scontro e la necessità di abbassare i toni - doveva per forza cercare la strada istituzionale. Per questo ha rinunciato
sin dalla mattina a partecipare alla manifestazione in piazza con la Polverini in cui si sarebbe sfogato platealmente contro quello che ritiene un complotto di radicali e magistrati. E ha sconvocato un incontro con i parlamentari pdl del Lazio a cui avrebbe dovuto partecipare insieme a Fini. Già la sera prima, incontrando a cena un gruppo di senatori, il premier aveva fatto presente la necessità della via istituzionale: «E' una situazione assurda e bisogna fare assolutamente qualcosa. Ne voglio parlare con Napolitano. E' una persona saggia, serve una collaborazione tra istituzioni per risolvere la questione». Berlusconi ammette che «sono stati commessi errori grossolani, ma non è possibile attaccarsi a queste cose e drogare in questo modo il voto». Quanto a Fini - che anche ieri ha insistito per cercare un accordo ampio -«ha atteggiamenti incomprensibili, dice delle cose che non sono capite dai nostri elettori, ma io sto cercando di comprenderlo». Nell'affannosa ricerca di una soluzione, Berlusconi prima di riunire l'Ufficio politico del suo partito, ha incontrato la Lega, più favorevole a un ddl che a un decreto: «Si troverà una soluzione, ma non per decreto», diceva Bossi prima dell'incontro, ma i tempi strettissimi escludevano quella soluzione. Poi l'Ufficio di presidenza dava mandato a Berlusconi «di verificare ed espletare qualsiasi cosa per sanare il vulnus che si è creato in Lombardia e Lazio». Insomma, «Silvio pensaci tu».
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