Mutilazioni femminili, le vittime sono 125 milioni

Dalla Rassegna stampa

Poco meno di un anno fa, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite votava la storica risoluzione che ha messo al bando universalmente le mutilazioni genitali femminili. Per la prima volta, una delle più nefaste pratiche tradizionali veniva equiparata a una forma di violazione dei diritti umani fondamentali di donne e bambine. La condanna della comunità internazionale è stata un passo importante, offrendo anche uno strumento in più alle attiviste che nei vari Paesi sono impegnate nel lavoro sul campo. «Ma una risoluzione dell’Onu di per sé è un’arma spuntata se non trova effettiva applicazione da parte degli Stati. E i recenti rapporti ci dicono che, nonostante gli sforzi compiuti per eliminarle, le mutilazioni continuano».

Lo ha detto ieri il ministro degli Esteri Emma Bonino, aprendo la Conferenza internazionale organizzata da Unicef e Unfpa (il Fondo dell’Onu che sostiene lo sviluppo dei diritti umani nei Paesi in crisi) e dedicata proprio all’intensificazione e al coordinamento degli impegni politici, legali e finanziari necessari a far cessare concretamente le mutilazioni genitali femminili. All’evento, all’Auditorium Parco della musica, prendono parte i rappresentanti di 17 Stati africani, insieme a quelli delle ong e di alcuni Paesi donatori. A conferma del monito del ministro Bonino, il direttore esecutivo dell’Unfpa, Babatunde Osotimehin, ha ricordato che «125 milioni di donne in 29 Paesi dell’Africa, dell’Asia e del Medio Oriente vengono ancora sottoposte a queste pratiche» e c’è dunque «ancora moltissimo da fare». L’opportunità offerta dalla risoluzione dell’Onu non può quindi essere sprecata: «In varie parti del mondo - ha detto la titolare della Farnesina - stiamo assistendo a una sorta di risveglio al femminile, un ritrovato attivismo che si esprime a macchia di leopardo sui fronti più disparati, dai diritti umani e quelli economici e sociali».

È un fenomeno «estremamente positivo, che dobbiamo assecondare e accompagnare». Soprattutto in presenza di battute d’arresto o passi indietro intravisti in alcuni Paesi, come Egitto e Tunisia, come conseguenza delle primavere arabe. Bonino ha ricordato il contributo dell’Italia, che dal 2008 a oggi ha stanziato 8 miliardi di dollari in favore del programma congiunto Unicef-Unfpa contro le mutilazioni. Ma soprattutto si è impegnata a proseguire su questa strada, anche nell’attuale fase di crisi: «Mantenere gli impegni presi non è facile, anche di fronte all’opinione pubblica italiana, ma spero che la società civile mi sostenga nella decisione di continuare il nostro sostegno, anche finanziario, a questa campagna». Di più, il ministro ha promesso di ampliare il fronte della lotta ad altre cause, come quella contro i matrimoni giovanili e forzati.

La Conferenza romana vuole anche fare da catalizzatore, nella moltiplicazione degli sforzi di educazione e sensibilizzazione da parte dei governi verso le popolazioni che ancora mettono in pratica le mutilazioni genitali femminili. E il cosiddetto «Social Approach», che dal 2012 ha portato alla dichiarazione pubblica di abbandono delle mutilazioni da parte di quasi io mila comunità in 15 Paesi. «La conoscenza è uno snodo decisivo ha spiegato Bonino - un diritto è privo di sostanza se i beneficiari non sono coscienti di poterlo invocare e pretenderne il rispetto».

 

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