Mubarak grave: «Mi uccidono»

Dalla Rassegna stampa

Mubarak è in coma irreversibile: dalle loro celle i due figli sono stati portati al suo capezzale, nella stessa prigione. Anzi no, Mubarak è solo in coma farmacologico: Gamal e Alaa restano in cella. Nemmeno questo: l'ex raìs non è in coma. Non sta bene, ma non al punto che la sua vita sia in pericolo imminente. «Respira male, ha difficoltà di pressione arteriosa ma non è in coma», dice un portavoce del ministero degli Interni.
Era già accaduto altre volte in questi mesi che Mubarak venisse dichiarato in fin di vita. Nelle altre, come in questa, è sempre stato difficile capire quanto ci fosse di vero e quanto gli avvocati dell'ex raìs esagerassero con lo scopo di ottenere attenzione dai giudici o più semplicemente un trattamento migliore verso il loro assistito. Mubarak è rinchiuso nell'astanteria della prigione di Tora. Da tempo la famiglia preme sui militari perché concedano al prigioniero di tornare dove era prima di essere condannato all'ergastolo: la clinica delle forze armate, molto più comoda dell'infermeria di un carcere vero.
Di scosse l'uomo ne ha avute molte in questo ultimo anno e mezzo. È stato il primo leader dell'Egitto moderno e forse antico a cadere per volontà popolare e non per un colpo di Stato o un omicidio di palazzo; il primo a essere stato arrestato, il primo ad essere condannato.
Hosni Mubarak ha 84 anni, e anche prima dell'inizio della rivolta di piazza Tahrir non godeva di una salute eccellente. Le sue condizioni erano un segreto di Stato ma tutti ne parlavano al Cairo.
C'è tuttavia una teoria "cospirazionista", plausibile nell'atmosfera politica di questi giorni. Sarebbe lo stesso Mubarak ad alimentarla, stando al suo avvocato Fareid al-Deeb a cui il raìs, nei giorni scorsi, avrebbe lanciato un appello: «Vogliono uccidermi in prigione, mi salvi». Sabato e domenica si vota per il ballottaggio presidenziale: Mohamed Morsi, il candidato dei Fratelli musulmani, e Ahmed Shafik, quello dei nostalgici del vecchio regime, sono divisi da pochi voti.
Il risultato del primo turno, tre settimane fa, era stato una sorpresa: aveva svelato che a libertà e democrazia moltissimi egiziani preferiscono ordine e sicurezza. La morte in carcere del vecchio raìs, un funerale che mezzo Egitto vorrebbe segreto per un uomo da dimenticare e l'altra metà lo preferirebbe di Stato, con le fanfare, avrebbe un valore propagandistico notevole. E non per i Fratelli musulmani.
La salute e l'eventuale morte di Hosni Mubarak dovrebbero avere poco a che fare con il nuovo Egitto: è un leader del passato. Ma il problema è che anche l'Egitto continua a vivere più nel passato che nel futuro. Ci sono stati molti moti di piazza e, per ora, poche riforme vere come in Tunisia. Il risultato del primo turno delle presidenziali ha dimostrato che il Paese è diviso, e non ha una mappa sufficientemente chiara per le riforme che il nuovo Parlamento e il nuovo presidente dovranno fare.

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