Mozioni al Senato sì in ordine sparso

Giornata di discussioni, di ira e di voti contrapposti, al Senato. Vanno di scena le risoluzioni di politica estera sulla Libia. Il governo innanzitutto ricuce le sue plateali divisioni. È il Consiglio dei ministri del mattino, in parallelo a una riunione tra capigruppo di maggioranza che si vedono al Senato, a mettere il suggello sulla risoluzione Pdl-Lega che di lì a qualche ora viene presentata a Palazzo Madama. Su questo documento per tutto il giorno si va al duello, prima alla ricerca di un accordo, poi in posizione di rottura, quindi di nuovo alla ricerca di convergenze, infine divisi e distanti, mentre aleggiava la «delusione» di Berlusconi, attaccato a testa bassa perché assente dal Parlamento e che a Palazzo Chigi, a sua volta, si sfogava contro i leader dell'opposizione «che pur di andare contro di me, sono disposti a indebolire l'Italia in un momento delicato in cui invece dovremmo essere tutti uniti».
In nove punti il centrodestra di nuovo coeso batte sulla necessità di «far emergere in tutte le sedi opportune il punto di vista dell'Italia»; un «ritorno il più rapido possibile a uno stato di non conflittualità»; assegnare alla Nato il comando delle operazioni militari; scongiurare «eventuali azioni legali per inadempimento contrattuale» di imprese che si trovano di colpo sbattute fuori dalla Libia; infine manifesta l'aspirazione di tornare il prima possibile agli «accordi bilaterali, in particolare quelli in materia energetica». Intanto s'alza anche la richiesta perentoria all'Unione europea perché faccia il pattugliamento del Mediterraneo «in funzione di contrasto alle organizzazioni criminali» nonché «in funzione di prevenzione migratoria e di assistenza umanitaria». La questione migratoria è palesemente un nervo scoperto. La risoluzione intima all'Europa di farsi carico finanziariamente «della gestione degli sbarchi di immigrati» e di dotarsi di un sistema unico di asilo «teso a ridistribuire la presenza degli immigrati tra i Paesi membri»: E sul respingimento degli immigrati irregolari provenienti dal Nord Africa sarà molto esplicito il capogruppo leghista Federico Bricolo: «Non si può indulgere ad, alcun buonismo».
Si apre il dibattito. In un primo momento il Pdl tenta di allargare il consenso anche alle opposizioni. Le cose però vanno diversamente. È Pier Luigi Bersani a dire il più secco dei no: «Non siamo interessati ad argomentazioni e correzioni di documenti che servano a coprire le miserie di una maggioranza e di un governo che non sono in grado di esprimere una posizione univoca e hanno mostrato al mondo di essere in stato confusionale». Alla fine sono ben cinque le Risoluzioni contrapposte.
Comincia un lungo dibattito. Ignazio La Russa va cauto: «Non c'è stato né entusiasmo, né ripensamento: è stata una scelta logica quella di concedere le basi militari, perché indispensabili all'applicazione di ciò che la comunità internazionale ci chiedeva». Garantisce che i Tornado hanno uno specifico armamento «intelligente», non quello «dirompente» e indiscriminato.
Franco Frattini precisa che non intende riconoscere il Comitato nazionale di Bengasi (anche se la Francia già l'ha fatto) perché «un Paese può riconoscere gli Stati, non i gruppi, che non sono nemmeno governi». Ma Frattini fa un appello all'unità: «Per dare un segno di più forte coesione nazionale». È l'ultima fiammata. Anna Finocchiaro sarebbe pure disponibile, purché tutti ritirino le proprie mozioni. Lega e Pdl non ci stanno, anche se allo stesso tempo assorbono il documento del Pd. Si finisce che ciascuno vota il suo documento: la maggioranza (Lega, Pdl e Cn) vota il proprio testo integrato dalla premessa del Pd. I sì sono 156, i no 15; il Pd e l'Api di Rutelli non hanno partecipato al voto, Idv vota contro. Poi la maggioranza si astiene sulla mozione del Pd come scambio di cortesia. Respinte invece risoluzioni di Idv, Terzo Polo e Radicali.
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