Mozione di sfiducia Pd e Udc preparano un'altra conta

Le prossime mosse delle opposizioni per espugnare la «Bastiglia» sono condizionate da due fattori, uno esterno e uno interno: se stamattina il barometro dei mercati segnerà ancora «tempesta» come paventato da autorevoli ministri, la tenuta del governo sarà sempre più appesa a un filo. Secondo, gli sherpa del Terzo Polo col pallottoliere in mano registreranno l'evolversi della campagna acquisti in campo avverso. Due gli appuntamenti chiave previsti martedì mattina: l'incontro di Bersani con Pannella, a lungo rinviato dai vertici Pd, che dovrebbe portare ad un chiarimento prima politico e poi strategico sull'atteggiamento dei sei Radicali alla Camera (e dei 3 al Senato) nei prossimi voti cruciali; e un vertice dei gruppi di Opposizione che si riuniranno per decidere il da farsi, consapevoli che l'esito del voto di martedì sul Rendiconto dello Stato non sarà dirimente ai fini delle dimissioni di Berlusconi. «Anche se non riuscisse a dimostrare di avere la maggioranza di 316 voti - spiega Franceschini - visti i suoi propositi ancora battaglieri non ci aspettiamo che Berlusconi salirà al Colle. quindi stiamo ragionando insieme agli altri capigruppo sul come e quando presentare una mozione di sfiducia per batterlo con un voto parlamentare, ma è chiaro che è lì che dobbiamo arrivare». Prima o dopo l'esame della legge di stabilità che verrà votata in Senato con una fiducia per approdare alla Camera intorno al 16 novembre? «Al più presto», taglia corto Franceschini. «Anche se passerà il rendiconto presenteremo una mozione di sfiducia», conferma Bersani. «Ma prima dobbiamo avere i numeri in tasca e poi presentarla», avvisa Di Pietro.
Per semplificare, Pd-Idv e Terzo Polo stanno pensando di far astenere martedì sera tutti i loro 300 deputati al voto sul rendiconto per consentire anche ai (10-20-30?) transfughi del Pdl di sganciarsi astenendosi anche loro: forse verrebbe fuori un quadro di una maggioranza di astensionisti che superi la somma dei voti residui di Pdl e Lega. Una sorta di antipasto di quanto potrebbe materializzarsi nei giorni a venire nella sfida delle mozioni. E mentre il governo tra- balla e nei Palazzi della politica si torna a parlare di uno show down di qui a una settimana che avrebbe come esito più probabile il voto in gennaio, in casa Pdl ripartono i veleni contro Casini reo di ostacolare qualsiasi soluzione di altri governi a guida Letta o Schifano. «Lui dice no a tutto - attacca Osvaldo Napoli - perché altrimenti gli verrebbe sbarrata poi la strada per il Quirinale quando finalmente si andrà a votare ...». Nello stesso tempo, nel Pd si rincorrono le voci sui risvolti di un eventuale governo Monti, perché dicono che il Professore vorrebbe accanto a sé una rappresentanza autorevole di politici pronti a condividere le misure impegnative per fronteggiare la crisi, escludendo quindi un governo tecnico tout court. E se qualcuno tra i Democrats è preoccupato che da una simile operazione possa poi nascere una coalizione di centrosinistra con una candidatura a premier in capo allo stesso Monti; insomma se si volesse usare il governo di emergenza come prova generale di discesa in campo del «nuovo Prodi» per agganciare Casini, anche se Bersani è parso cauto sulle primarie nella sua intervista dalla Annunziata, subito i pompieri sono corsi a gettare acqua sul fuoco: facendo sapere che l'ex commissario Ue non sarebbe interessato ad una simile prospettiva elettorale. Voci e supposizioni che si rincorrono in ore in cui nulla è. deciso e si gioca una partita a scacchi sul futuro dell'Italia, con molte variabili legate ai numeri, ma anche ai vari destini personali di tutti i leader in campo.
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