La mossa che il governo può fare

La gravità e la tristezza delle scene di violenza viste nelle nostre città ci devono fare riflettere, senza farci disperare.
Ieri sera confesso l’ingenuità di aver atteso l’apparizione in televisione, ormai l’unico luogo del discorso pubblico, del presidente del Consiglio, che con toni pacati ma convincenti dicesse agli italiani, turbati dalle notizie appena sentite nei tg che i tempi sono duri ma che ce la faremo.
Ma chi oggi ha l’autorevolezza morale di presentarsi davanti a chi protesta? Chi ha la capacità di dialogare sulle loro buone ragioni, di promettere ancora una volta ciò che apparentemente non sa più mantenere? Alle famiglie, agli studenti, ai lavoratori in difficoltà, ai disoccupati. E’ evidente che questo governo o, se vogliamo, più in generale la congiuntura politica dell’anno appena trascorso ha toccato il fondo del consenso. Ciò che maggiormente dispiace è che i nostri ragazzi si sentano abbandonati e quindi si lascino infiltrare e trascinare da facinorosi violenti nei gesti o nelle parole.
Ancora una volta, di fronte a loro, ci sono altri giovani nel ruolo di poliziotti. L’invito populistico di Beppe Grillo (trincerato nel suo blog) ai poliziotti di unirsi ai giovani che protestano è stata una patetica e insolente citazione di un passato sessantottino che non si ripeterà. La congiuntura è più brutale; le utopie sono in soffitta; le forze di aggregazione politica e sociale sono allo sbaraglio. La «società civile» è diventato uno slogan dietro al quale c’è di tutto. In questo contesto i giovani sono stati presi in giro. Sono sempre sulla bocca di tutti i ministri (insieme alle «famiglie») ma sono sempre assenti o cancellati nelle misure concrete.
Mesi fa il governo parlava di «coesione sociale»: la poneva come obiettivo. In realtà più sottilmente era una richiesta ai cittadini perché si uscisse solidalmente dalla crisi. Oggi la «coesione sociale» è sparita anche dal lessico governativo. Negli ultimi mesi - con il gran parlare a ruota libera dei ministri e con la politica dell’annuncio, con il gran pasticciare nelle proposte avanzate, corrette, ritirate - il governo sembra avere dilapidato il rispetto e la fiducia che aveva raccolto all’inizio, anche da parte di chi non era d’accordo con le sue iniziative.
Che fare? La situazione politica è delicatissima. Le scadenze per il rinnovo nei prossimi mesi della politica democratica «normale» - non semplicemente degli organismi istituzionali della democrazia - sono strette e rigide. Ma proprio per questo invitiamo il governo ad un soprassalto di iniziativa politica sociale, a dispetto dell’etichetta di «governo tecnico» che inerzialmente si continua ad attribuirgli. Il suo compito finale è lasciare ai cittadini italiani non una società stremata, depressa e incattivita ma una società pronta a riprendere la nuova normalità, in uno spirito di nuova equità.
Quel poco o tanto di enfasi che c’è in queste mie parole risponde all’aspettativa dei moltissimi cittadini che detestano le violenze reali e verbali, cui non intendono più rassegnarsi.
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