Monti lancia la grosse koalition

Dalla Rassegna stampa

A Mario Monti non è restato che lanciare la grossa coalizione alla tedesca. È questa la novità più interessante della campagna elettorale, ormai giunta agli sgoccioli, nata per effetto dell'onda provocata dallo Tsunami tour di Beppe Grillo («La forza di Grillo sono i suoi elettori»).

Gettata, dunque, la spugna su qualsiasi possibilità di vittoria e finito in un cul de sac sull'eventualità di appoggiare al Senato una maggioranza di centro-sinistra (intanto perché non è detto che ottenga un numero di senatori sufficienti e, poi, come ha fatto sapere lo stesso Prof, «Angela Merkel «non ha nessuna voglia di vedere arrivare il Pd al governo»), Monti prevede come unica via d'uscita la grosse koalition con la partecipazione di Pd e Pdl. Quest'ultimo non tutto. «Se Silvio Berlusconi non vince le elezioni», ha spiegato il premier a Repubblica tv, «non resterà a lungo come leader di quella coalizione e riprenderà quel flusso verso altre parti politiche che vecchi e nuovi eletti del Pdl avevano già iniziato». Una strategia che lo consacra definitivamente alla politica dopo la transizione nel suo ruolo tecnico. Sì, perché ne ha avute anche per Pier Luigi Bersani: «Penso che possa governare molto bene», ma «dovrà essere comprovato» perché «bisognerà vedere se è nella condizione o no». Infine, ormai incontenibile, il Prof ha auspicato che al Colle rimanga Giorgio Napolitano, ma vedrebbe bene anche Emma Bonino. Infine, ospite di Lilly Gruber su La7, un giudizio finale sul Cav: «Non credo proprio che gli italiani vogliano Berlusconi per la quarta volta e all'estero non si capaciterebbero se questo fosse l'esito».
Una risposta a Berlusconi che teorizzava il voto utile
Il disvelamento dell'ambizioso programma politico di Monti è avvenuto grazie a Berlusconi che ha attaccato il Prof proprio sul fatto che Monti avrebbe deciso «con la benedizione della Merkel» di collaborare con il Pd «quindi un voto a lui è regalato alla sinistra. «Ma c'è anche la probabilità», aveva aggiunto malizioso il Cavaliere, «che non raggiunga il limite del 10 per cento e quindi non entri alla Camera, in questo caso il voto sarebbe anche dannoso perché sottrarrebbe voti ai moderati a tutto favore della sinistra». Su questo punto ha risposto Monti lasciando ipotizzare la grossa coalizione: «L'affermazione è falsa. C'è il condensato della falsità, perché non è affatto vero», ha detto il Prof, «la Merkel teme l'affermarsi di partiti di sinistra, soprattutto in un anno elettorale per lei, credo che non abbia nessuna voglia di vedere arrivare il Pd al governo». Ma se Monti è convinto che la Cancelliera la pensi così, lei non vuole nuove polemiche e accuse di ingerenza. il suo portavoce ieri sera, sempre attento al dibattito in Italia, ha sottolineato che correttamente Merkel «non si espressa sulle elezioni italiane e non lo ha fatto neanche in passato».
Giannino lascia, ma resta candidato premier
Sull'onda delle polemiche sollevate dai falsi titoli di studio contenuti nel suo curriculum, Oscar Giannino ha deciso di dimettersi dal suo movimento Fare per fermare il declino, di cui è candidato premier. Si tratta di «dimissioni irrevocabili da presidente in direzione» perché «danni su di me per inoffensive ma gravi balle private non devono nuocere a Fare». Giannino, tuttavia, resta candidato nelle liste di Fare per fermare il declino, operazione quasi impossibile a quattro giorni dal voto, ma se eletto rinuncerà all'incarico. A sollevare la questione era stato il cofondatore del movimento Luigi Zingales e per questo aveva lasciato il movimento.
Primo Monti, ma non sono voti
Primo Monti, secondo Bersani, terzo Berlusconi: è la classifica dei leader per qualità e affidabilità dei programmi elettorali secondo il controllo di qualità realizzato dall'associazione La Scossa con la consulenza scientifica di I-Com, Istituto per la Competitività. Un «quality checking» condotto su 8 aree tematiche: liberalizzazioni, politiche industriali e di ricerca, lavoro e giovani, scuola e università, agenda digitale, fisco, welfare e sanità, energia e ambiente. Il confronto tra le proposte delle 5 principali coalizioni è avvenuto sulla base di 5 indicatori: completezza e dettaglio delle proposte, innovatività, riduzione del gap con Germania, Francia e Gran Bretagna, impatto sulla finanza pubblica e realizzabilità. Sono state passate in rassegna 421 proposte (ottenute dai programmi ufficiali presentati insieme alle liste e dalle dichiarazioni successive dei leader e da ulteriore materiale elettorale). «L'unico punto certo è che lui è ultimo», ha dichiarato ieri il segretario del Pdl, Angelino Alfano, «dopo Berlusconi e Bersani e anche dopo Grillo (...). Vuol dire che gli italiani non lo hanno stimato e non lo hanno apprezzato, sennò non sarebbe ultimo».

 

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