Montanelli e Pannella senatori a vita - LETTERA

Pannella, lottatore senz’armi, romantico non violento e lungimirante, con le sue battaglie ha contribuito a rafforzare le maglie della democrazia, a rinvigorire il gusto per la partecipazione, per la libertà. L’Italia delle leggi sull’aborto e sul divorzio, l’Italia laica che si oppone alle imposizioni morali a senso unico, che si sa compattare contro la pena di morte, il paese della ricerca scientifica sacrificata, dei malati che chiedono dignità, ha in Marco un indomito combattente, che attrae ogni giorno e ci convince con la sua chiara parola. Una vecchia canzone di De Gregori, a lui dedicata, dice: «Scaricò le sue pistole in aria e regalò le sue parole ai sordi». Quante volte il leader radicale, sacrificando il suo corpo, ha mostrato il volto osceno di certa politica? Lui ci fa gustare il sapore e il colore delle utopie, la leggerezza dei bei pensieri, la speranza. Se oggi siamo cittadini più coscienti, meno sordi, lo dobbiamo anche alla passione d’un uomo come Pannella.
MARCELLO BUTTAZZO LEQUILE (LE)
FEDERICO ORLANDO RISPONDE
Caro Buttazzo, sono lieto che lei abbia letto il mio articolo, pubblicato il1 maggio, e credo sia stato tra i pochi, perché il primo maggio è consacrato alle fave e al pecorino più che alle letture. Del resto, le gite fuori porta e gli happening musicali fanno parte della vita, e guai se così non fosse. Ma, perché non sia soltanto questo, Marco estremizza, passando molte ore del suo compleanno nel carcere di Bolzano, e poi nell’abituale colloquio della domenica pomeriggio con Bordin a Radio radicale.
Così, tra gite fuori porta e visite ai carcerati (a proposito, visitare i carcerati non era comandamento cristiano?), alcuni di noi possono vedere il mondo un po’ meglio di come altrimenti sarebbe, anche senza i colori rosei che lei riesce a cogliervi. Purtroppo, ieri i giornali tornati in edicola bucavano volenterosamente la notizia dell’anniversario: non perché siano obbligatorie le celebrazioni, men che meno per noi laici, ma l’ottantesimo di Marco aveva fornito a persone di buona volontà e di poca spocchia l’occasione di chiedere al capo dello stato di nominarlo senatore a vita. Probabilmente per le stesse cose che scrive lei.
Penso che la richiesta di una nomina a senatore a vita (s’era fatto anche con Umberto Veronesi) sia di per sé occasione di dibattito, salvo che per i sepolcri imbiancati, perché si spera sempre che il capo dello stato nomini «cittadini che abbiano illustrato la patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario» (articolo 59). Mi sembra che Pannella, politico dalla testa ai piedi, abbia permeato la politica di altissimi contenuti sociali: l’eguaglianza dei cittadini, l’uscita di milioni di persone dalla clandestinità, la lotta alla pena di morte, l’obbiezione di coscienza (non quella di ginecologi cucchiai d’oro e farmacisti venditori di saponette che sabotano le leggi dello stato col paravento della coscienza). Per ottenere queste cose per noi tutti, Marco è stato l’unico politico che abbia messo volontariamente a rischio la propria vita. È un eccezione nel campo della lotta civile, come Montanelli lo fu nel campo dell’informazione.
Ho avuto la grande fortuna di essere amico di entrambi. Montanelli disse di no a Cossiga, per conservare fino all’ultimo giorno la sua indipendenza critica di giornalista. Marco direbbe sì - credo e spero - a Napolitano, perché le sedi legislative, pur degradate dalla massificazione plebea del "Porcellum’, sono le più adatte, a chi abbia idee, per farle risuonare e realizzarne i contenuti di civiltà. Ma sono pessimista. Questo non mi sembra il paese che premi le idee: siano di un grande leader o di un giovane ricercatore. Dopo 80 anni di lotte, Marco può guardare dalla sua roccia abruzzese quanta montagna abbia scalato e quanta, ancora, ne resterebbe da scalare.
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