Il mondo ci guarda

Dalla Rassegna stampa

Giorgio Napolitano cerca di declassare quanto sta accadendo a tensioni pre elettorali. Il nervosismo dei partiti, e in particolare del Pdl, è evidente. Ma il capo dello Stato lo deve fare anche perché sa quanta sensibilità esista, soprattutto all’estero, rispetto alla tenuta del governo di Mario Monti. Vuole smentire l’immagine di un’Italia prossima al baratro, che la deriva populista di Silvio Berlusconi punta strumentalmente ad accreditare. Il tentativo del Quirinale è di impedire che un centrodestra sull’orlo del collasso scarichi le sue tensioni e la sua incertezza su Palazzo Chigi. Significherebbe esporre di nuovo il Paese agli attacchi della speculazione finanziaria, e annullare il poco o il tanto di positivo fatto in dodici mesi.

Per questo Napolitano è intenzionato ad arginare l’attacco del centrodestra contro il governo. L’astensione decisa ieri, e minacciata per il futuro prossimo fino al punto da provocare, pare di capire, una crisi, spingerebbe la situazione verso il precipizio di un voto molto anticipato. E dunque renderebbe ancora più convulso un finale di legislatura già complicato dall’incrocio fra elezioni regionali e politiche, e fine del settennato alla presidenza della Repubblica.

Berlusconi rischia di essere percepito come il cultore involontario del «tanto peggio tanto meglio». Evocando un fallimento delle istituzioni, che non c’è, può finire per produrlo davvero. Il dissenso di alcuni suoi parlamentari che ieri hanno votato comunque la fiducia a Monti, è solo una piccola eco delle profonde resistenze emerse negli ultimi mesi nel Pdl su una ricandidatura del Cavaliere. A oggi non si vedono nel partito di Angelino Alfano né la forza né il coraggio per ostacolare un progetto di rivincita almeno apparentemente velleitario; ma soprattutto perseguito senza tenere conto degli interessi dell’Italia.

L’ex premier sembra dimenticare che in questi mesi il Paese è faticosamente risalito da un baratro nel quale stava scivolando nella fase finale del suo governo. E non analizza le possibili conseguenze di una sua riapparizione come candidato alla presidenza del Consiglio. È difficile ignorare che ieri lo spread sia cresciuto non appena dal Senato sono arrivate le prime bordate del Pdl contro Monti: come se la fiducia degli investitori nei titoli italiani fosse di nuovo in bilico.

Non ci si può non domandare che cosa succederà se e quando la ricandidatura sarà ufficializzata. Va valutato il pericolo di rimettere in discussione la credibilità ritrovata dell’Italia. Anche perché, per il modo in cui critica Palazzo Chigi, Berlusconi lascia indovinare una campagna elettorale da picconatore dell’Europa «cattiva », della moneta unica «da ripensare», dei sacrifici «inutili». Sarebbe un trionfo di luoghi comuni «popolari» che alla fine, però, porterebbero a una rivincita non sua ma della realtà: pagata da tutti e amarissima anche per lui.

 

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