I moderati non cadono in tentazione

La giornata di Silvano Moffa, la colomba finiana, è stata lunga e tormentata. Almeno fino a quando è riuscito a strappare al capo, Gianfranco Fini, un documento nel quale Fli si dice disponibile ad astenersi al senato in cambio delle dimissioni di Silvio Berlusconi. Invito, rispedito al mittente. Per altri la giornata è andata via sui binari della prevedibilità. Umberto Bossi, che chiede elezioni in caso di fiducia dai numeri risicati, comunque dice che alla fine Berlusconi si salverà addirittura con qualche sorpresa: «Alla camera è più difficile che al senato, ma secondo me la fiducia passerà sia alla camera sia al senato». Sotto i riflettori l’Udc di Pier Ferdinando Casini, corteggiato dal premier nel suo discorso al senato con tanto di offerta a entrare nel governo rimpastato. «Siamo compatti, uniti, noi andiamo avanti verso il voto di sfiducia», avverte il leader dei moderati. Massimo D’Alema del Pd ringrazia Berlusconi «per averci risparmiato il suo discorso: la parte dello statista moderato non gli si addice». Governo «in un vicolo cieco», per l’ex segretario del Pd, Walter Veltroni. Occhi puntati sul liberale Paolo Guzzanti, uno di quelli che tiene il parlamento col fiato sospeso, che non svela che cosa voterà ma informa l’Italia che «ho preso la mia decisione» dopo avere ricevuto risposte da Berlusconi. Il presidente dell’Idv, Antonio Di Pietro, che ha annunciato di aver presentato un altro esposto sulla presunta compravendita di voti, si augura che «il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, qualunque sia il risultato numerico di domani (oggi per chi legge, ndr), prenda atto di una maggioranza politica che non c’è più e che quella numerica si raggiunge con l’inganno». Confermano la sfiducia al governo i parlamentari radicali. «Rileviamo che il bilancio del sessantennale regime partitocratico è disastroso», dice Maurizio Turco. Attenta alla crisi anche Confindustria. Emma Marcegaglia: «Meglio evitare il voto anticipato perché abbiamo bisogno di continuità, ma se è l’extrema ratio la consideriamo. Non possiamo andare avanti con una maggioranza talmente risicata da non rendere possibile nessuna scelta». Il governo deve avere «una solida maggioranza o meglio il voto», le fa eco il segretario generale della Uil, Luigi, Angeletti.
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