A Mirabello Gianfranco «batte» Almirante

La piazza dove hanno allestito il palco è stretta, scarsamente illuminata. Gianfranco Fini sta parlando da oltre mezz'ora. Ha già scosso, abbastanza, la platea. Lo sguardo vi scorre sopra mentre, eccitata, applaude adesso l'ennesimo passaggio - stavolta Fini ha ironizzato su Berlusconi che si comporta da proprietario del Pdl - e così ondeggia, tra le transenne e piccoli, verdissimi platani. Ciò che maggiormente colpisce, nell'ovazione, sono le bandiere di Alleanza nazionale. Sono numerose e, insieme a quelle nuove e sgargianti di Futuro e Libertà, sono sventolate con forza, essendo l'aria ferma e umida.
Ci sono anche due megaschermi: Mirabello è un paese pulito e ordinato e hanno organizzato le cose perbene. Mai, raccontano, s'era vista arrivare tanta gente, e da tanto lontano. Leggiamo gli striscioni: «Fini, Salerno è conte». «Noi veniamo dal Piemonte». «Campi Bisenzio». Una folla così non c'era nemmeno il 12 settembre di ventotto anni fa, quando, per una pazza e coraggiosa idea di Vittorio Lodi, si tenne la prima Festa del Tricolore: qui, dove tutto era rosso. Venne, ad inaugurarla, Giorgio Almirante. Ora di Almirante vendono, in uno stand, un cd con i suoi più celebri discorsi. Due banchetti oltre, ci sono magliette con la scritta: «Barcollo ma non mollo», «L'Italia agli italiani», «Paracadutisti Folgore».
Le magliette sono nere. Pochi passi più avanti, c'è lo stand del Secolo d'Italia. Centrale, tornato ad essere vivo e importante: e non emarginato in un vialetto laterale, come accadde alla nuova Fiera di Roma, quel giorno di marzo del 2009, quando An si fuse con Forza Italia. Flavia Perina, il direttore del quotidiano, si volta e dice: «Guarda che piazza... e dimmi che cosa ci trovi, in comune, con le piazze di Berlusconi. Ma ti ricordi cos'è piazza San Giovanni quando parla lui? Fredda, piena di gente ma fredda, asettica, distante. Qui, invece...». Qui, invece? «C'è anima, c'è cuore, c'è tradizione, c'è politica». Fa caldo. Il cielo è basso e grigio e ora Fini sta dicendo che il Pdl non c'è più, non esiste più. Al massimo, aggiunge, c'è Forza Italia con qualche colonnello e capitano di ciò che fu Alleanza nazionale.
Ha un sorriso perfido e un tono sprezzante. La folla esplode in un applauso che i numerosi osservatori presenti non esitano a definire il più potente dell'intero comizio. Anche Fabio Granata, uno dei deputati finiani deferiti al Pdl per comportamento sleale, ha la stessa sensazione: «Beh, concordo: è chiaramente questo il passaggio di Gianfranco che, evidentemente, ha esaltato i nostri militanti...». Militanti nuovi e vecchi. «Sì, ci sono i nuovi volti portati dall'ottimo lavoro trasversale fatto in questi mesi da Generazione Italia e però, innegabilmente, c'è anche tanto della vecchia Alleanza nazionale». Sui megaschermi s'intravedono Bocchino e Ronchi (i soli in giacca e cravatta, anche se il nodo di Ronchi non è perfetto), gli occhi lucidi di Mirko Tremaglia: poi Moffa, sempre composto, e Barbareschi, che invece si alza, ripetutamente, e si gira verso la gente e incita, e invita tutti a scandire: «Fini! Fini! Fini!».
C'è un tipo che attacca sul muro una bandiera tricolore: «All'eroe Mangano, preferisco Saviano». Urso, in camicia, s'arrampica raggiante sulla postazione de La7, che ha mandato in diretta, con Sky, l'intero comizio. Quindi Fini che si congeda, saluta, e forse è lievemente commosso, forse per qualche istante la voce egli trema e la lingua gli si attacca al palato. Le telecamere inquadrano la sua Elisabetta Tulliani, tesa, a lungo tesa, prima di sfoggiare un sorriso largo e bello. Inno di Mameli. Quelli che cantano con la mano sul cuore.
Uno che si mette in testa il basco amaranto da paracadutista. Quelli che scuotono la testa, e sospirano: «Siamo di nuovo noi...». Mirko Steca, consigliere comunale a Fermo, annuisce: «Del resto, lì da noi a Fermo c'è ancora il gruppo di An». Certi tirano fuori i telefonini e cominciano a riprendere tutto. Al ristorante hanno cominciato a scodellare le prime dosi di tortelloni al ragù. Li preparano con la ricetta della madre novantenne del fondatore di questa festa e sembra che siano pazzeschi. Però, laggiù, in un angolo, sola, c'è Miss Tricolore 2010. «Mi chiamo Deborah, con l'h, Sartori, ho 26 anni, vengo da Modena e Fini, purtroppo, mi ha salutato piuttosto frettolosamente...».
© 2010 Corriere della Sera. Tutti i diritti riservati
SEGUICI
SU
FACEBOOK
SU