Il ministro torna da Tunisi: mi stanno infangando

Dalla Rassegna stampa

Quando il ministro Claudio Scajola scende dalla scaletta del Falcon bianco, a Tunisi tira un’aria strana. Il cielo si è fatto di latte e spira un vento da tifone che arriva. Ma meglio qui. In Italia lo scandalo della casa con vista Colosseo pagata secondo l’accusa solo per un terzo di tasca sua, il resto dall’architetto di Diego Anemone, Angelo Zampolini, infuria.
E Scajola prima di salire sull’aereo diretto a Tunisi-Cartagine protesta in una nota per una «situazione nella quale la mia persona è quotidianamente infangata». Si dice «sottoposto di fatto a un vero e proprio processo mediatico basato su dichiarazioni rese da terzi». Il cui contenuto, sostiene, gli è «ignoto». Certo i verbali delle sorelle Papa e dell’architetto Zampolini hanno confermato l’acquisto «dopato» da 900 mila euro. Ma qui, mentre si aggiusta il gessato blu con risvolto, si sente più sicuro.
Ufficialmente è giunto per una due giorni di incontri con il ministro tunisino dell’Industria e un gruppo di imprenditori italiani locali. Ma il programma si guasta. E la trasferta dura appena due ore. Giusto il tempo di passare all’Hotel Sheraton. Arrivare al ministero dell’Industria tunisino. Confermare un accordo già vecchio di tre anni sulla centrale elettrica e l’elettrodotto capace di portare energia in Italia. Stringere mani, fra le quali quella di Flavio Cattaneo amministratore delegato di Terna, coinvolta nell’accordo. Ed ex direttore generale Rai. Foto ricordo. E via precipitarsi di nuovo a Roma. Oggi l’incontro con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che ancora ieri era a Milano e che vedrà Scajola a Roma in mattinata. Un incontro importante, forse decisivo per le sorti del ministro dello Sviluppo
A Tunisi prima vorrebbe solo vantare le lodi della missione: «La chiusura di un’operazione importantissima. Il primo cavo che collegherà l’Europa all’Africa». Ma all’obiezione dei cronisti sull’evidente fuori tema rispetto alla giornata arrossisce. E si concede. Ma poco poco, dice con l’aria di chi la sa lunga.
Ma a cosa si riferisce? Lui sorride e scuote la testa, quasi a dire «So io, so io». Forse è l’esordio di una nuova strategia difensiva. «Le cose che ho letto oggi (ieri ndr), sul Corriere della Sera, sono le stesse accuse che leggo da quattro giorni. Sono assurdità. E ci sono contraddizioni». Aveva anticipato questo concetto nella nota diffusa a Roma, in cui annunciava iniziative legali. «Ancora oggi - aveva scritto il ministro per lo Sviluppo Economico - sono pubblicati ampi stralci di affermazioni che sarebbero state rese da persone sentite nel corso delle indagini preliminari. E’ oramai parecchio tempo che ciò avviene con la peculiarità che, ogni giorno, le dichiarazioni riportate sui quotidiani si arricchiscono di nuovi particolari, anche contrastanti con quanto già pubblicato».
Ma a quali dichiarazioni contraddittorie allude? E a chi? Allude alle sorelle Papa, ex proprietarie dell’appartamento? Lui scuote la testa. Sembra voler concedere una nuova spiegazione. Capace di placare le polemiche sui suoi silenzi. Ma si confonde: «Ad esempio leggo che si dice sui giornali che c’era il direttore della Deutsche Bank. Ma quello era lo stesso direttore con cui ho acceso il mutuo». Ma ministro il mutuo non era con il Banco di Napoli? Lui taglia corto e tenta il commiato: «Vedrò i magistrati.
Andrò da loro a Perugia il 14. E dopo riferirò al Parlamento». Ma alla domanda sulle possibili imminenti dimissioni gira i tacchi e si infila nell’auto blu dell’ambasciata. Quattro giorni fa aveva dichiarato a gran voce: «Non mi dimetterò come feci per Biagi. Sembrerebbe che mi hanno beccato col sorcio in bocca». Adesso la bocca è cucita.

© 2010 Corriere della Sera. Tutti i diritti riservati

SEGUICI
SU
FACEBOOK