E il ministro spiazza la sinistra

Il ministro Giulio Tremonti prosegue di buona lena nell’opera di riscrittura del vocabolario della modernità. L’affermazione di ieri sulle irresistibili virtù del posto fisso ne è la riprova. Si tratta dell'ennesimo tassello di una (aggressiva) strategia di comunicazione che sembra porsi più obiettivi. Il primo è proseguire nella demolizione dei muri portanti della narrazione modernista egemone dagli anni '90 a ieri, quella che per comodità possiamo riassumere nello schema «più l'Italia diventa anglosassone, meglio è». Sul terreno più strettamente politico, poi, Tremonti punta a scompaginare i ranghi della sinistra e lo fa, con una certa perfidia, alla vigilia delle primarie per la scelta del segretario Pd. Quando i favori della sinistra si sono spostati in direzione pro global e verso la società mobile, Tremonti e la Lega si sono tuffati a riempire il vuoto di rappresentanza sociale creatosi. Adesso che Pierluigi Bersani dichiara, in caso di vittoria alle primarie, di voler reinsediare il Pd nei suoi tradizionali terreni, il ministro alza l'asticella per rendere più difficile ai democratici l'operazione di rientro in casa propria. Come se dicesse «so usare meglio di voi il vecchio lessico socialista e sono in grado di dimostrarvelo».
E' importante sottolineare la valenza comunicativa delle parole del ministro perché sta lì la ratio della sua iniziativa, così come è stato nei mesi scorsi per l'enfasi posta nel contrapporre ripetutamente banche e popolo. In definitiva pur inneggiando al posto fisso e sbeffeggiando la mobilità sociale, Tremonti non pare avere intenzione di capovolgere la linea di politica del lavoro del governo Berlusconi. Giacché dovrebbe rivoltare la filosofia della riforma della pubblica amministrazione del collega Renato Brunetta, sconfessare il ministro Gelmini, chiedere la cancellazione della legge Biagi e fare una buona provvista di euro per assumere, come Stato, tutti i precari della scuola, delle Poste, della Rai, dell'Istat, dell'Isfol, della Croce Rossa, dell'Istituto superiore di sanità e via di questo passo.
Ma circoscritta la sortita di Tremonti al mondo dei simboli e delle querelle politico-culturali, non c'è dubbio che il mercato del lavoro italiano abbia bisogno di essere sottoposto a una profonda cura. Dalla vecchia ingessatura consociativa siamo passati alla flessibilità selvaggia con la moltiplicazione delle forme contrattuali, che generano disagio e disuguaglianze persino tra un outsider e l'altro. Quanto tutto ciò finisca per creare addirittura «una corrosione del carattere» delle giovani generazioni è stato descritto lucidamente già dieci anni fa dagli studi del sociologo americano Richard Sennett sull'uomo flessibile. Le alternative, quindi, non possono ridursi al precariato a vita e all'opposto alla garanzia statale del posto fisso. Va intanto ridotto drasticamente il numero dei contratti, forse fino ad averne uno solo per tutti, ma in parallelo la richiesta che arriva da quei lavoratori flessibili che abbiamo imparato a chiamare «Invisibili» chiara: rimodulate il sistema degli ammortizzatori sociali e non fatelo a babbo morto. Per un governo che volesse tramite la sua azione conquistare consenso la ricetta è già pronta.
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