Il ministro che vuole abolire la pausa pranzo

Dalla Rassegna stampa

È quando entra a piedi giunti nella vita quotidiana che il potere mostra il massimo straniamento e la rumorosa inutilità di certe sue mezze proposte. Così il ministro Rotondi ha posto la questione della pausa pranzo. O meglio: la mattina se n´è uscito contro questo dannoso rito che «blocca l´Italia»; quindi il pomeriggio ha ingegnosamente precisato il messaggio ridimensionandone l´effetto; per poi concludere in serata, ormai pago di aver animato il discorso pubblico, auspicando «una lunga riflessione nel mondo del lavoro». Quanto lunga non ha specificato.
Però essendo la memoria selettiva, è assai probabile che lunedì prossimo la preziosa riflessione auspicata dal ministro per l´Attuazione del programma non avrà incendiato Palazzo Chigi, né Montecitorio e tanto meno Palazzo Madama, dove la pausa pranzo è specialmente osservata anche per via del fastoso ristorante, e anzi sacralizzata da un carosello di banchetti che onorando le scadenza di un ghiotto calendario offrono ai senatori le delizie gastronomiche delle varie regioni d´Italia.
Era un po´ che Rotondi non faceva titolo, e anche per questo a scriverne oggi ci si sente un po´ in colpa. Ma siccome nell´articolare la sua «provocazione» - parola dentro cui si annidano le più feroci disponibilità dell´odierno ceto politico - il ministro attuatore ha ritenuto di limitarne la portata riducendola a un «semplice consiglio dietetico», varrà la pena di ricordare qualche bislacco precedente in proposito.
E allora la palma del potere che s´intromette nella vita di tutti i giorni, per lo più a vuoto e con effetti certamente buffi, va senz´altro alla campagna dell´indimenticato ministro della Salute, Sirchia, che a suo tempo propugnò con ardore la mezza porzione. A casa e ancor più al ristorante, per combattere l´obesità. E pareva di tornare a certe atmosfere del neo-realismo, ai mesti codici dell´austerità del secondo dopoguerra, al pallido professorino Dossetti sconfitto a Bologna dalla rubiconda energia del sindaco comunista Dozza.
Così come, sempre in argomento consono alla pausa pranzo e alla mezza porzione, ma alla rovescia, sarebbe ingeneroso dimenticare gli autorevoli consigli anti-dietetici («Non ha senso smaltire i tre o cinque chili su pancia e fianchi, meglio mutare abitudini alimentari») puntualmente dispensati alla pubblica opinione dalla sottosegretaria Martini sotto le feste del 2009. Passate le quali, non sai bene con quanti rotoli di ciccia, la bionda sottosegretaria della Lega ha allargato senz´altro gli orizzonti della sua tutela, tanto che l´altro giorno compariva come una diva nell´immagine istituzionale e promozionale della Fieracavalli di Verona, quasi abbracciata a un bel baio.
Anche l´allora ministro della Salute Livia Turco, d´altra parte, voleva istituire una «task-force» – altro termine che di solito cela crudelissime esaltazioni – contro junk-food, contro l´alcol e perfino contro l´innocente, ma vilipesa «sedentarietà». E anche qui si avvertiva un vago sentore di ginnastiche coatte, esercizi fisici, salti nel cerchio e prodezze varie.
Vero è che, seguendo le indicazioni di Foucault, la microfisica del potere non conosce limiti, specie sui corpi. Per cui due anni orsono un´intera classe politica si è sembrata appassionarsi alla questione delle taglie degli abiti da donna, se 38, o 40, o 42, o 44, senza che molto poi concretamente sia mutato.
Il tratto curioso, anzi strambo, qui in Italia, è semmai l´intensa disinvoltura, l´allegra approssimazione, il sereno arbitrio con cui i potenti lanciano le loro belle idee, e per 24 ore le difendono pure dai dardi del disfattismo, sapendo benissimo che mai troveranno sfogo nella realtà; e presto, prestissimo evaporeranno anche dalla testa dei cittadini?
Chi si ricorda della «destagionalizzazione» con la quale il vicepremier Rutelli provò a convincere gli italiani della bontà di non andare in ferie d´estate? E chi mai sentirà il bisogno di dare inizio alle lezioni con la musica di Fratelli d´Italia, come avrebbe voluto il ministro Mastella? Sembra di rammentare che in un empito di sgangherato patriottismo ci fu chi propose anche l´alzabandiera. Ma come per la pausa pranzo del ministro Rotondi, che non la fa più da anni, il rischio è che tutto si fa uguale nella sua diversità; e magari d´estate, passeggiando sulla battigia, capita pure di rimpiangere la proposta del ministro Publio Fiori che invano cercò di vietare il gioco dei racchettoni.

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