Milano vota con la paura della bomba

Dalla Rassegna stampa

L’attesa delle intelligence, una giornata a setacciare possibili nuovi pacchi sospetti e ordigni, resta fortunatamente vana nella domenica delle urne. Non c’è il paventato botto-bis ma non è ancora un cessato all’arme per digos e nuclei informativi dei carabinieri: l’annuncio contenuto nel portafoglio-bomba, indirizzato alla Lega ed esploso sabato mattina alle poste di piazzale Lugano, quel «colpiremo nelle prossime ore» firmato Nucleo Mauricio Morales, viene ritenuto ancora attendibile dagli investigatori. E l’allerta sugli obiettivi sensibili e nei centri postali sarà massimo almeno per oggi, giorno in cui la corrispondenza torna ad essere smistata.
Al suo posto di lavoro non ci sarà Pietro De Simone, l’impiegato ferito: è a casa, scosso e provato, raggiunto da messaggi solidali di Lega e Poste. Le indagini sul plico con minacce al ministro Maroni e all’ispettore di polizia VA. - «deportatore» il primo, «stupratore» il secondo nel volantino anarcoinsurrezionalista- entrano nella loro fase tecnica. La composizione della polvere pirica, le similitudini con l’attentato al Cie di Gradisca d’Isonzo del 15 dicembre scorso (il portafoglio, la grafia della rivendicazione in stampatello) e le differenze: allora il plico conteneva un detonatore, a differenza del pacco per via Bellerio. Poche le speranze di ricostruire il timbro sulla busta gialla, bruciato parzialmente nello scoppio. Arrivano, intanto, dal Cerna di Foggia ai carabinieri del comando di Monza, notizie confortanti sul plico pieno di polvere recapitato venerdì alla villa di Arcore di Silvio Berlusconi: la sostanza, spedita da un uomo con problemi psichici da Sezze Romano, non era tossica (cenere di giornale con ogni probabilità), le 16 persone ricoverate in ospedale possono tornare a casa.
Mitomani e anarcoinsurrezionalisti hanno animato il dibattito politico anche nel giorno del voto. «Il clima - sostiene il primo ministro, destinatario venerdì anche di un proiettile in busta - è quello creato da una campagna elettorale che sapete come si è sviluppata e con quali argomenti. Ma sono sempre convinto che la positività sia il migliore atteggiamento dello spirito». Punta il dito sul campo avversario Umberto Bossi: «La sinistra sta dando i numeri ma il popolo saprà come legnare i matti: gente disperata, ma il popolo lo convinci con le riforme, non con i pacchi-bomba». Gli fa eco il ministro della Difesa Ignazio La Russa: «Chi manda bombe e proiettili la pensa come Di Pietro: il retropensiero politico, la predicazione di odio, sono gli stessi». E Maurizio Gasparri, che chiede al ministro dell’Interno Maroni di riferire con urgenza in Senato, rincara: «La violenza verbale di Di Pietro incoraggia comportamenti violenti».
Il leader dell’Italia dei Valori, chiamato in causa, torna a ribattere: «Anche noi abbiamo ricevuto minacce, denunciandole ai carabinieri, ma mai ci siamo sognati di dare la colpa a La Russa, Gasparri e Cicchitto. Condanniamo tutti i gesti di violenza ma il Pdl la smetta di strumentalizzare». Più crudi Donadi («Attacchi fascisti non a caso affidati al camerata La Russa») e di Orlando
(«La strategia della tensione alimentata da Berlusconi è evidente e tipica dei regimi dittatoriali»).
Più pacato il governatore lombardo Roberto Formigoni: «Temo non sia un episodio isolato, anche se non penso sia una ministrategia della tensione. Abbassiamo i toni». Invito raccolto dallo sfidante pd, Filippo Penati Penati: «Solidarietà al lavoratore, al presidente Berlusconi e al ministro Maroni, i gesti di violenza politica non si devono tollerare, sottovalutare o legittimare».

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