Il mezzo compromesso della cancelliera

Dalla Rassegna stampa

I Paesi della Ue presteranno all’Irlanda 85 miliardi. Ma sanno - Angela Merkel glielo ricorda di continuo che la crisi dell’euro non si risolverà gettando denaro ai Paesi in difficoltà: hanno quindi anche deciso, ieri a Bruxelles, di istituire un fondo permanente e punitivo per la gestione delle crisi. Chi, dopo il 2013, comprerà obbligazioni sovrane, cioè titoli emessi dagli Stati dell’euro, dovrà sapere che anche un Paese che fa parte della moneta unica sarà sì salvato dai partner se in crisi ma potrebbe dovere ristrutturare il suo debito, cioè allungare la scadenza delle sue obbligazioni, modificarne gli interessi o addirittura decurtarne il valore facciale, cioè restituire meno del promesso. È di fatto la fine dell’ombrello euro sotto il quale finora tutti si sentivano protetti: comprare un titolo portoghese comporterà un rischio diverso che comprare un Bund tedesco. I dettagli dell’intesa saranno approvati a metà dicembre dai leader della Ue, assieme alle modifiche necessarie da portare ai trattati europei. L’accordo raggiunto ieri prevede in via di principio che i Paesi dell’euro sostengano con aiuti i partner in difficoltà a finanziarsi sui mercati attraverso un fondo permanente. Non sarà però un salvadanaio che chi vuole può rompere. Il Paese che ne farà ricorso potrebbe dovere essere costretto - lo decideranno i partner dellaUe sentito, tra gli altri, il parere tecnico della Banca centrale europea - a ristrutturare il proprio debito, in altre parole a modificare le obbligazioni prese: non sarà automatico che chi riceve aiuti faccia default, ma sarà deciso caso per caso, considerando soprattutto se la crisi è di liquidità oppure di insolvenza. Nell’eventualità di ristrutturazione del debito, i privati dovranno essere coinvolti nelle discussioni, dal momento che dalla metà del 2013 dovranno accettare le cosiddette Cac quando comprano un bond, cioè Clausole di azione collettiva che consentono a una maggioranza di investitori (75-80%) di imporre una ristrutturazione agli altri.
 
 Le procedure che regolano il default dovrebbero essere quelle che il Fondo monetario usa per ogni Paese, cioè il cosiddetto Lending into arrears, la garanzia che una serie di entità - Ue e Fini - presteranno denaro al Paese in morosità sul pagamento dei debiti per facilitare un suo accordo con gli investitori. In modo che ognuno ne esca il meno danneggiato possibile. Una svolta non da poco per l’Eurozona: «caso per caso» - come si è voluto dire a Bruxelles - i Paesi della moneta unica saranno giudicati quasi come se ognuno avesse una propria valuta. La cancelliera tedesca Merkel non ha forse ottenuto meccanismi automatici di default per gli Stati che ricevono aiuti Ue - formalmente non li aveva mai chiesti - ma ha ottenuto che la Ue preveda che un Paese dell’euro possa non essere sempre protetto dai partner senza rinnegare almeno in parte le sue obbligazioni, e quindi pagarne le conseguenze sui mercati. A Bruxelles, mai nessun leader stravince, come fino a prima della crisi greca nessun Paese straperdeva. Ma da ieri l’Unione Europea è un po’ più come la vogliono i tedeschi.

© 2010 Corriere della Sera. Tutti i diritti riservati

SEGUICI
SU
FACEBOOK