Il "metodo liberale" è correggere gli errori

Aprire una porta all`alterità significa potersi incontrare. Allora, è con grande gioia che ringrazio Michele Capano per il suo intervento della scorsa settimana su l`Opinione. Bisogna che le idee possano circolare, diffondersi, incontrarsi. Perché "il dialogo e il contraddittorio sono affermava Leonardo Sciascia l`esatto opposto del confronto e del compromesso". Insomma, il termine "confronto", tanto sbandierato dal segretario dei Pd, Pier Luigi Bersani, si è dimostrato l`anticamera dell`inciucio. Mentre, come spiegava Guido Calogero, il dialogo è una filosofia. Rileggo l`articolo di Capano e penso il dialogo nasce così. Come risposta o come semplice domanda. Come una riflessione, un invito, una tensione morale. Come un incontro, uno scontro, un contraddittorio. Insomma, ancora una volta, non ho alcun merito da rivendicare. Perché il dialogo, stavolta, lo ha fatto nascere il compagno radicale Michele Capano. E lo ha fatto con un approccio politico molto serio, oserei dire "liberale", perché davvero aperto e sentito, quindi, sincero. Merito suo, dunque. Altrimenti, questo mio dialogo sarebbe rimasto ancora una volta e soltanto un soliloquio. Magari anche intenso, ma privo di quella reciprocità di cui ha diritto di nutrirsi almeno il lettore. Sono grato e riconoscente, perciò, a chi sa e vuole contraddirmi o rispondermi, come ha fatto Michele. Le sua parole, infatti, rivolte a tutti i Radicali, sono un invito anche rispetto ai miei eventuali errori o torti o valutazioni sbagliate. E so quanti errori mi porto sulle spalle o sulla coscienza! Sbagli che possono esserci stati e che non temo di rivedere, di correggere, di ammettere. E` il metodo liberale. Sono stati i miei errori a darmi la conoscenza e l`ignoranza di oggi. Il liberale procede per errori e per fallimenti, per poi muoversi in maniera più corretta. L`importante è che questa predisposizione d`animo sia reciproca e che nessuno si arrocchi in un atteggiamento distaccato, omertoso, disinteressato. L`indifferenza alimenta le distanze ed è priva di amore civile. E` necessario, invece, che da parte di ciascuno ci sia una interlocuzione aperta, trasparente, visibile. E` un modo per esserci. E` il mio modo di vedere le cose. La politica liberale e democratica, insomma, si forma nel metodo, tutto il resto - seppure importantissimo - viene dopo. E` una conseguenza. Spesso si sente dire che il fine giustifica i mezzi. Nell`area pannelliana non lo sentirete dire mai. E giustamente. L`intervento personale e politico di Michele, perciò, mi permette di approfondire meglio un ragionamento che avevo soltanto sfiorato: in una organizzazione politica, in un movimento sociale e nei più svariati rapporti umani, civili o professionali, quel che determina e connota la buona o cattiva riuscita di un impegno sono proprio i mezzi che si usano per realizzarlo o per raggiungerlo.Il fine, il giusto scopo, l`obiettivo onesto di una persona o di un gruppo di persone è determinato innanzitutto dai buoni costumi, dalla bontà degli strumenti usati, dai giusti metodi. Se i metodi sono subdoli, sbagliati o ingiusti, allora anche i frutti che verranno da quei metodi saranno guasti e putridi. E` per questa ragione che, saggiamente, Marco Pannella ripete spesso che i mezzi prefigurano il fine. Quindi, se il mezzo è sbagliato anche il fine lo sarà. Per esempio, mi e vi domando da quale discussione politica, da quale contraddittorio, da quale processo liberale e dove o quando si è formata, nell`ultimo Congresso di Radicali Italiani, la proposta politica per la segreteria del soggetto politico nazionale. E quali sono stati i passaggi che hanno condotto all`emersione e al ri-conoscimento di una proposta rispetto ad altre? Dov`era la proposta? Quando si è delineata? Tutto si è svolto in maniera oscura. Qual è, allora, la discriminante? Dove e quando gli iscritti hanno potuto formarsi l`idea per sostenere un progetto politico, rispetto ad altre possibilità? Mi sembra evidente che le manovre per costruire un ampio sostegno elettorale a favore di un candidato o di un altro si siano svolte, non prima e neppure durante il Congresso, ma in modo atipico, non trasparente, nella penombra. Sono sicuro che Marco Pannella, anche se in disaccordo nel merito, sia però d`accordo con me sul metodo. Qualcuno potrebbe chiedere: e tu che ne sai? Infatti, non lo so. Lo immagino. Se quello che Marco ci ha sempre detto ed insegnato, ripetuto e rilanciato ha ancora una sua validità nel presente, come sono sicuro che lo abbia, allora anche Marco sarà d`accordo con questo mio ragionamento. Sono in linea con la politica dei Radicali? Ritengo di sì. Perché dentro la galassia radicale non c`è una linea ideologica predefinita, in quanto si tratta di un movimento e di un`area libertaria. Tutti rappresentano un pezzo dell`insieme che, visto nella complessità, mostra l`interezza della linea dei Radicali. Ma l`unica linea da rispettare è quella del rispetto di se stessi e del metodo liberale. La linea di Pannella non è una posizione, ma un movimento determinato da una forma mentis liberale, laica e democratica. E` la mentalità libertaria che porta al rispetto della legge e della regola, della persona e della parola data. Essere Radicale significa essere leale, amare l`altro e il più lontano da sé, vivere l`alterità. Essere Radicale è un modo di pensare, di agire, di essere. Non è una presa di posizione. E i dirigenti Radicali che si limitano a non rispondermi, lo fanno per posizione presa. Infine, caro Michele, non ho voluto candidarmi nelle liste per il rinnovo del Comitato nazionale di Radicali Italiani perché sono dieci anni che cerco di trasmettere questa urgenza liberale dentro le forme di organizzazione interna e non sono riuscito nell`intento. Non ho convinto la dirigenza degli errori interni che si andavano via via facendo. A partire dai miei. Forse è necessario uscire dalle logiche delle sedi ufficiali di partito. Perché, davvero, si rischia soltanto di essere parte di quelle logiche e, dunque, esserne pienamente coautore. E poi, in questa partita a poker, se il mazzo di carte è truccato, sinceramente, preferisco alzarmi dal tavolo. Se il gioco che si fa è d`azzardo, non mi siedo perché la politica non è azzardo. Fin dai tempi del servizio militare di leva, svolto nella Fanteria della Caserma "Colli Ghetti" di Cassino, ho sempre rifiutato i galloni sulla giacca. Già allora, nel 1997, anche se laureato, rifiutai addirittura i gradi da caporale per restare un soldato semplice. La cosa fece molto scalpore tra gli ufficiali, i sottufficiali e nella truppa di cui ero solo un soldato. Il comandante della C.C. S. (Compagnia Comando e Servizi), l`allora capitano Erminio Cortellessa, mi stimava moltissimo e sosteneva che fossi molto intelligente. Non lo so. Però, avevo l`autorevolezza, anche grazie a lui, e ad altri lasciavo l`autorità. E poi, soprattutto, i Radicali hanno un`organizzazione non gerarchica e, se si vuole dare una mano, se si vuole aiutare e impegnarsi, non è necessario avere incarichi dirigenziali. Ogni militante radicale è un dirigente. E ciascuno merita attenzione, reciprocità, dialogo. Perché il fine da raggiungere sarà determinato dal modo in cui sapremo incardinarlo anzitutto al nostro interno.
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