Per la Merkel un viaggio simbolico

In questi due anni e mezzo di crisi dei debiti europei Angela Merkel ha dovuto sopportare molti insulti. La cancelliera è stata definita di volta in volta comandante nazista, dominatrice sadica, strega, robot ammazza-persone. Per molti, negli Stati in crisi, è l’incarnazione di molteplici mali: il mondo gelido e ingiusto della globalizzazione distrugge le loro condizioni di vita, il loro rendimento sul lavoro non viene tenuto in nessun conto, e in più perdono il loro orizzonte di vita. Per molto tempo la Merkel è stata personalmente il simbolo di questo mondo minaccioso - in Italia, in Spagna, in Portogallo, in Irlanda. Tutto questo però è cambiato. Nella maggior parte degli Stati in crisi si va riconoscendo che è stata la propria cattiva amministrazione, insieme a gravi errori politici e all’autoinganno, a portare alla crisi. Anche in Grecia c’è una maggioranza che comincia a cercare le colpe al suo interno. Queste persone si vergognano del loro Stato così mal funzionante, delle loro élite politiche disfunzionali, del rifiuto a riconoscere la realtà in alcune parti della società, che semplicemente non vogliono capire che la Grecia ha puntato troppo a lungo a un livello troppo alto. E che la crisi non sparirà semplicemente pompando denaro.
Le decine di migliaia di persone che ad Atene protestano contro la Merkel sono la dimostrazione che la nostalgia per un colpevole al di là della frontiera è sempre molto forte. Le manifestazioni di piazza non riflettono però il vero umore del Paese, dove la maggioranza sa distinguere tra i compiti di una cancelliera tedesca e quelli di un primo ministro greco. Queste persone riconoscono e apprezzano la forza simbolica della visita della Merkel. Il Fondo monetario internazionale utilizza volentieri il concetto di «ownership» (coinvolgimento attivo dei diretti interessati, ndt), per chiarire quanto uno Stato e i suoi cittadini siano corresponsabili in una crisi. Solo chi ammette questa responsabilità può contare sugli aiuti. «Il riconoscimento dei propri errori è il primo passo», si dice giustamente. Il Portogallo ha appena preso nelle sue mani il suo destino e dolorosamente fatto le riforme e avviato i risparmi. Quel Paese è un esempio per tutti. Su questa strada del riconoscimento dei propri errori è andata molto avanti anche la Grecia. Ma, come un uomo in un momento di crisi, anche il Paese ha bisogno di aiuto e di incoraggiamento.
Di empatia la Merkel ne ha mostrata in quantità, si potrebbe quasi dire che questa era una visita terapeutica. L’incoraggiamento l’hanno dato i ministri delle Finanze dell’Eurogruppo lunedì sera, quando hanno fissato una data entro la quale Atene finalmente dovrà consegnare il programma di risparmi concordato con i creditori da sei mesi. Ma il più importante incoraggiamento alla Grecia è il fatto che dopo due anni e mezzo di crisi il pericolo di una uscita forzata dall’euro sembra essersi allontanato. L’Europa dell’euro si prepara a una lunga collaborazione tra Stati forti e Stati deboli. Che costerà denaro, avrà bisogno di regole e richiederà comprensione. E anche qualche viaggio ad Atene.
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